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Autonomia differenziata: il ddl è alla Camera

Autonomia differenziata: il ddl è alla Camera

Concluso l’esame della Commissione Affari costituzionali, è partita lunedì 29 aprile la discussione in aula

L’iter verso l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulle materie di competenza concorrente con lo Stato, che deve comunque approvare l’intesa tra gli enti interessati di diverso livello, va avanti e registra un ulteriore passaggio fondamentale.
Lunedì 29 aprile, il disegno di legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata”, presentato dal ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, è infatti approdato in aula a Montecitorio, con l’apertura in mattinata della discussione sul testo da parte dei deputati.
Un provvedimento, composto da 11 articoli, che ha fatto e continua a far discutere le forze politiche. Tanto più dopo la conclusione dell’esame della Commissione Affari costituzionali della Camera, che ha deciso di applicare la cosiddetta “ghigliottina”. Riducendo, cioè, il voto a solo 80 dei circa 2.200 emendamenti presentati.
Va però ricordato che il disegno di legge trova un preciso e rilevante fondamento giuridico. L’autonomia differenziata è infatti inserita nell’ultimo comma dell’articolo 116 della Carta Costituzionale, di cui la futura legge tradurrà dunque concretamente la previsione.

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Autonomia differenziata e livelli essenziali di prestazioni

L’articolato in esame alla Camera, dopo la definizione dei princìpi generali, già al secondo comma dell’articolo 1 introduce il fondamentale concetto di “livelli essenziali delle prestazioni”. L’attribuzione dei poteri alle Regioni è infatti subordinata alla determinazione dei “lep”, con particolare riguardo ai diritti civili e sociali, che devono continuare a essere garantiti sull’intero territorio nazionale equamente e nel rispetto dell’articolo 119 della Costituzione.
Anche una volta approvata dal Parlamento, dunque, la legge, per la sua concreta applicazione necessiterà di appositi decreti legislativi che devono essere a loro volta approvati entro 24 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, relativi ai livelli minimi dei servizi che devono essere garantiti ai cittadini in qualunque regione.
Al tempo stesso, sono introdotte anche misure perequative, attraverso le quali le Regioni che non faranno domanda di maggiore autonomia si vedranno assegnare dallo Stato una quota di risorse aggiuntive per assicurare l’erogazione dei lep. Questi, inoltre, dovranno essere periodicamente aggiornati.

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Le materie interessate dall’autonomia differenziata

Il disegno di legge in esame alla Camera aggiunge poi 3 ulteriori materie, attualmente di competenza esclusiva dello Stato, che potranno passare alle Regioni: l’organizzazione della giustizia di pace, le norme generali sull’istruzione e la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Il nucleo dell’autonomia differenziata restano comunque le materie a legislazione concorrente, previste nell’articolo 117 della Costituzione, su cui lo Stato perderà, in caso di attribuzione alle Regioni, anche la possibilità di sancire i princìpi generali.
Si tratta di rapporti delle Regioni con l’Unione europea e in ambito internazionale; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione (esclusa la formazione professionale e fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche); professioni; ricerca scientifica e tecnologica; sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; ordinamento della comunicazione.

Ancora, potranno passare alla competenza esclusiva delle Regioni porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.

L’attuazione dell’autonomia differenziata

L’articolo 2 del disegno di legge, dedicato alla procedura di attuazione dell’autonomia differenziata, prevede che a prendere l’iniziativa sarà la Regione interessata, previo confronto con gli enti locali. L’articolo 9 introduce anche il principio secondo cui il finanziamento dell’autonomia non dovrà prevedere aggravi per la finanza pubblica.
Oggetto della richiesta possono essere anche singole materie o singoli ambiti di alcune materie. Si passerà così alla definizione di uno schema di intesa preliminare, frutto della negoziazione col Governo, chiamato a informarne le Camere.
Agli stessi rami del Parlamento, che a questo punto potranno esprimere atti di indirizzo (il cui eventuale respingimento dovrà essere motivato da parte del presidente del Consiglio), verrà quindi trasmesso lo schema approvato dal Consiglio dei ministri, una volta acquisito anche il parere della Conferenza unificata delle Regioni, per l’approvazione dello schema di intesa definitivo. Si arriva dunque al disegno di legge, dopo l’approvazione da parte della Regione e la deliberazione di Palazzo Chigi.

Il testo sarà così trasmesso alle Camere come legge rinforzata, che richiederà un’approvazione a maggioranza assoluta.
Tra gli altri contenuti, l’intesa dovrà prevedere durata e scadenza dell’accordo, non superiore a 10 anni, ma rinnovabile a meno di presentazione di disdetta da parte dello Stato o della stessa regione non oltre 1 anno dalla scadenza. Le intese sono comunque modificabili e resta in capo allo Stato il potere di sostituzione in presenza di motivi di carattere sociale o in caso di mancata garanzia dei lep.

Alberto Minazzi

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