La variante inglese del Covid-19 c’è anche in Veneto. Nonostante questo, fortunatamente la curva della pandemia, a partire da quelle dell’ospedalizzazione, continua a scendere. Con un risultato importante: per la prima volta dopo la ripartenza del contagio, i ricoverati positivi in terapia intensiva sono scesi sotto quota 100.
In terapia intensiva, 91 ricoverati positivi
Il primo gennaio, giornata di picco della seconda ondata, i ricoverati positivi al coronavirus avevano toccato quota 401. Oggi sono 91.
Il numero dei ricoverati, negli ultimi 40 giorni è passato da circa 3.400 a poco oltre 1.500. Comprendendo i negativizzati, il totale dell’ultimo bollettino emesso da Azienda Zero parla di 1.581 pazienti Covid negli ospedali del Veneto: 1.433 (-5) in area non critica e 148 (-3) in terapia intensiva.
«Magari è solo una sensazione – ha commentato il presidente Luca Zaia – ma ho l’impressione che il nostro dazio l’abbiamo già pagato tra novembre e dicembre. Quando abbiamo scoperto, tra le 8 diverse varianti sequenziate, anche la presenza di quella inglese».
Il Veneto e la variante inglese
A oggi, la temuta mutazione riscontrata per la prima volta oltre Manica, riguarda il 17-18% dei casi di Covid registrati in Veneto (241 i nuovi contagi riscontrati con una percentuale di incidenza del 2,93% sui tamponi effettuati). Ed è proprio partendo dal fatto che, per la prima volta, l’Istituto Zooprofilattico ha rilevato il 24 dicembre la presenza del virus modificato, che Zaia rivolge una provocazione alla comunità scientifica che chiede un nuovo lockdown.
«I commenti di allora – ricorda – parlavano di un alibi per la tragedia che ci stava colpendo. Adesso si sottolinea l’estrema contagiosità di questa mutazione. Magari un altro lockdown ci sta e ci vuole, ma non sono in grado di dirlo, sulla base di quello che ci hanno detto. Vorrei quindi fare una domanda: chi sta facendo queste dichiarazioni, ha informazioni di cui non siamo in possesso?».
La trattativa per i vaccini
Un’altra risposta che il Veneto attendeva, quella di Aifa relativa alla possibilità di acquistare vaccini in autonomia, è intanto arrivata. Ma non ha risolto la questione. «È stato riconosciuto il presupposto – spiega il direttore generale regionale della Sanità, Luciano Flor – ovvero la carenza di vaccini. Al tempo stesso, Aifa ha affermato che con le normative europee e nazionali l’autorizzazione vada indirizzata alla struttura commissariale».
Flor ha dunque preparato la lettera per il commissario Arcuri. «Noi abbiamo concluso – prosegue – i sondaggi sulla bontà delle offerte, ricevendo due proposte, una da 15 e una da 12 milioni di dosi. Ma allo stato attuale non possiamo andare avanti di un millimetro. E ricordiamo che ci mancano 400 mila dosi per finire la prima fase. Anche se ribadiamo che garantiremo assolutamente i richiami calendarizzati».
Scuole verso la conferma del 50%
Nelle prossime ore, intanto, è attesa la nuova ordinanza regionale relativa alle lezioni in presenza nelle scuole superiori del Veneto. Come ha anticipato Zaia, si va verso la conferma della didattica a distanza al 50% fino al 5 marzo. «È nostra intenzione – ha spiegato il presidente – proseguire con questa percentuale fino alla scadenza del Dpcm. Ci sembra una scelta prudenziale, anche in considerazione delle dichiarazioni sentite in queste ore e agli annunci della necessità di un nuovo lockdown».
I giovani e il Covid: un dato singolare
A proposito dei giovani, c’è infine un dato che fa riflettere. Il primo screening effettuato sul “popolo dello spritz”, lo scorso weekend a Padova, ha dato risultati a sorpresa.
Su 152 ragazzi che si sono sottoposti volontariamente al tampone, solo uno sarebbe risultato positivo. Sarebbe, perché i dati sono in corso di verifica, in quanto sono stati utilizzati strumenti sensibilissimi e il responso non è certo. I prossimi gazebo riguarderanno Verona e Treviso.