Parte anche in Veneto la caccia al virus mutato del Covid-19.
In attuazione dell’ordinanza di domenica 20 dicembre del ministro Speranza, anche il presidente della Regione, Luca Zaia, ha firmato ora un’ordinanza per testare tutti i soggetti in arrivo da Regno Unito e Irlanda. In parallelo, è stato richiesto ai laboratori dei Dipartimenti di prevenzione delle Ulss di sequenziare i campioni archiviati negli ultimi mesi relativi a pazienti sui viaggiatori provenienti da oltremanica trovati positivi.
L’ordinanza, in pratica, entra in vigore poche ore prima della decadenza del provvedimento che, in Veneto, impedisce (sia pur con deroghe) di uscire dai confini comunali dopo le 14 e che produrrà i suoi effetti fino alle ore 24 di mercoledì 23 dicembre, lasciando poi spazio al DPCM nazionale, in vigore dalla vigilia di Natale.
I soggetti interessati dall’ordinanza
Il nuovo provvedimento del Veneto riguarda tutti i soggetti che siano entrati o entrino in Veneto dal Regno Unito o dall’Irlanda, “direttamente o indirettamente”.
Ci si riferisce cioè anche a chi, per esempio, sia atterrato in Italia in arrivo da New York, ma con scalo a Londra, o a chi sia arrivato in treno dalla Francia, dopo averla raggiunta con i treni veloci dall’Inghilterra. E’ insomma sufficiente essere transitati in Gran Bretagna o in Irlanda almeno fino ai 15 giorni precedenti all’arrivo in Veneto.
Anche se il soggetto è asintomatico, in base all’ordinanza si dovrà sottoporre a tampone, molecolare o antigenico.
Questo verrà effettuato direttamente in aeroporto o nei punti tampone allestiti dalle diverse Ulss.
Al momento della pubblicazione dell’ordinanza del Ministero, prima della chiusura dei voli, la macchina sanitaria è riuscita a intercettare un aereo diretto dall’Inghilterra a Venezia, testando all’arrivo tutti i passeggeri. «E non sono stato avvisato di nessuna positività”, ha spiegato Zaia. Poco prima ne era atterrato invece uno a Verona e, attraverso la lista passeggeri, si sta provvedendo in queste ore a recuperarli tutti per effettuare il tampone.
La sequenziazione dei test
I campioni prelevati dai passeggeri che saranno trovati positivi saranno sottoposti a sequenziazione da parte dei laboratori dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl.
Agli stessi laboratori, l’ordinanza richiede di procedere subito con lo stesso procedimento anche sui test di viaggiatori positivi che sono stati archiviati negli ultimi mesi.
«Invitiamo inoltre – è l’appello del presidente del Veneto – tutti i soggetti che nel mese precedente al test risultato positivo siano stati nel Regno Unito o in Irlanda di segnalarlo immediatamente ai Dipartimenti. Ci serve infatti analizzare anche i loro campioni, che sono stati a loro volta archiviati, anche se non sempre a quel tempo è stato chiesto ai soggetti interessati se fossero stati in questi Paesi».
Il vero tema del nuovo piano di sanità pubblica è infatti quello di creare un «fondamentale ulteriore argine epidemiologico, attraverso anche la mappatura genetica della mutazione, per riuscire a intercettare eventuali ingressi e isolare la variante del Covid», precisa Zaia. «Questa partita – aggiunge – ci preoccupa, perché è una situazione complicata che va ad aggiungersi a una situazione già complicata. Basti pensare che la Gran Bretagna ha avuto restrizioni importanti, nell’ultimo periodo, e di punto in bianco, con un picco verticale, si è trovata a fronteggiare 35.000 nuovi casi al giorno, quando l’Italia, senza lockdown, è oggi a 20.000».
I 40enni bersagli principali della mutazione?
Vi è inoltre un ulteriore dato, citato da Zaia, che, anche se «può dire tutto o nulla», spinge comunque alla riflessione.
La relazione sulla mutazione del virus indica in 41 anni l’età media di pazienti intercettati contagiati dal virus mutato.
«L’ipotesi – commenta Zaia – è che questa mutazione abbia abbassato l’età dei soggetti target, indirizzandosi su persone fin qui colpite con minore intensità. Colpendo fasce d’età che pensavano di poter avere miglior fortuna rispetto all’incontro col virus. Pensare che il virus non avrebbe avuto mutazioni, in ogni caso, era da folli».
C’è però un aspetto che, pur da confermare, sembra aprire uno spiraglio di speranza. I vari test per riscontrare la presenza del Covid-19 per ora paiono funzionare anche con la mutazione. La “proteina n”, che attesta l’avvenuto contagio, non sembra essere infatti essere stata oggetto di mutazione.