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Coronavirus. Il Veneto chiede al Governo revisione dei parametri DPCM

Coronavirus. Il Veneto chiede al Governo revisione dei parametri DPCM

Il Dpcm che ci ha accompagnato negli ultimi mesi si avvicina alla scadenza del 5 marzo.
In queste ore si decide dunque la strategia per affrontare le settimane che potrebbero essere decisive per sperare di uscire finalmente dall’incubo.
A questo proposito parte dal Veneto la richiesta di rivedere alcuni parametri, facendo tesoro di quanto si è imparato nel primo anno di pandemia.

Divieto di spostamento e Dpcm

Il tema all’ordine del giorno, nel primo incontro tra la Conferenza delle Regioni e il nuovo Governo, era la proroga di alcune misure, a partire dal divieto di spostamento fuori dai confini regionali. «Con i colleghi – ha raccontato il presidente Luca Zaia – abbiamo deciso di non presentare alcuna riserva in merito».
La riunione, così, si è concentrata soprattutto sul “fuori sacco” del nuovo Decreto.
«La posizione del Veneto – ha aggiunto Zaia – è quella di auspicare che ci sia un tagliando rispetto all’approccio e ai parametri. Oggi abbiamo un anno di esperienza. E già alcuni correttivi che sono stati adottati a livello nazionale hanno aiutato ad affrontare la situazione in maniera più performante».

Dall’Rt all’ospedalizzazione

In altri termini, quel che propone il Veneto è di rivedere il ruolo dell’ormai ben noto Rt, il tasso di trasmissione del contagio, nella valutazione della situazione. Quando si assegna una regione alla fascia colorata, ha infatti sottolineato Zaia, «abbiamo a che fare con un Rt vecchio di due-tre settimane».
«Il vero tema – ha proseguito Zaia – sono i tassi di ospedalizzazione, perché è lì che si vede cosa sta accadendo».
All’ultimo bollettino, in Veneto i ricoverati per Covid sono 1.345, di cui 1.209 in area non critica e 136 in terapia intensiva.
Mediamente, vengono ricoverate tra le 15 e le 20 persone al giorno. Il che spinge il presidente a ripetere per l’ennesima volta l’invito a non abbassare la guardia.

I tamponi in piazza

Un dato incoraggiante, invece, continua ad arrivare dai tamponi effettuati nelle piazze dello spritz.
Dopo quelli di Padova, Zaia ha reso noti i numeri dei test prodotti nei gazebo di Treviso, Verona e Vicenza. Con sole 5 positività riscontrate con tamponi rapidi di terza generazione effettuati complessivamente su 667 giovani sottopostisi volontariamente.                                       .
A Treviso, su 253 test effettuati, i positivi sono stati 2. A Verona, addirittura, non è stato riscontrato nessun positivo su 214 tamponi. E A Vicenza le positività sono state 3 su 202 controlli.

Vaccini: la partita diventa nazionale

Sul fronte dell’acquisto dei nuovi vaccini, invece, la novità è che, come ha ammesso lo stesso presidente del Veneto, «la partita è ormai gestita a livello nazionale. E spero che il presidente Draghi, dall’alto della sua autorità indiscussa, ci possa dare una mano a rimpinguare le scorte». Il Veneto, ha infatti quantificato Zaia, potrebbe arrivare a somministrare fino a 50 mila vaccini al giorno, avendo quantità sufficienti di vaccini.

Tanto più dopo che, come ha confermato il ministro della Salute Speranza proprio in sede di incontro con la Conferenza delle Regioni, è ormai cosa fatta la firma sull’accordo con i medici di base, per coinvolgerli nella “squadra” che somministrerà il siero alla popolazione.

Ripartono le forniture

Il direttore dell’Unità organizzativa prevenzione e sanità pubblica del Veneto, Michele Mongillo, ha poi annunciato di aver ricevuto le indicazioni sulle previsioni di consegne dei tre vaccini per il mese di marzo. Di Pfizer, arriveranno circa 52 mila dosi la prima settimana e 56.160 le seguenti.
Il totale di Moderna, il prossimo mese, dovrebbe essere di circa 66 mila dosi. Mentre per AstraZeneca sono previste circa 273.500 dosi a marzo.

«Avere forniture più stabili e in aumento – ha commentato Mongillo – ci autorizza ad accelerare».
Alle 10.30 del 22 febbraio, hanno ricevuto il vaccino 285.799 soggetti, di cui 108.841 hanno completato il ciclo con la seconda dose.
Questa settimana inizia la somministrazione anche ai soggetti “estremamente vulnerabili”, partendo da circa 20 mila oncologici, poco meno di 400 malati di fibrosi cistica e circa 5.000 tra trapiantati e in attesa di trapianto.

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