Qual è la percentuale di rischio contagio da coronavirus se non si entra direttamente a contatto con un positivo?
Quanto circola davvero il virus fra le persone?
Ancora: le cautele adottate, mascherina e distanziamento, salvaguardano davvero dall’infezione?
Ci siamo posti un po’ tutti questi interrogativi, fin dall’inizio della pandemia.
Ma finora non ci sono state risposte scientifiche precise in merito.
A darle, sulla base di uno screening condotto su 4.678 persone, è uno studio veneto.
Il rischio tra la “popolazione indifferenziata”
Presentata durante il quotidiano punto stampa del presidente Luca Zaia dall’epidemiologo che fa parte anche del comitato tecnico scientifico Vincenzo Baldo, l’analisi rappresenta ora il primo spaccato sulla cosiddetta “popolazione indifferenziata”.
Quella cioè che dall’8 al 27 gennaio si è sottoposta ai test effettuati dall’équipe medica non avendo sintomi e non avendo avuto contatti diretti con persone positive.
“Lo studio ha confermato una ridotta circolazione del virus tra queste persone sottoposte a tampone rapido di terza generazione – ha annunciato il professor Baldo – la prevalenza emersa è stata dello 0,3%”.
3 casi ogni 1000
Il campione di persone sottoposte al test è rappresentato nella quasi totalità (98,7%) da residenti in Veneto, distribuite tra le 7 province in proporzione alla popolazione residente (solo su Padova la percentuale è stata maggiore) e rappresentative di tutte le classi di età. Con una media di 47,2 anni, il più giovane testato aveva appena un anno e il più anziano 104.
Alla fine, su 4678 soggetti, ne sono risultati positivi appena 14, con un’incidenza di 3 casi ogni 1.000 e un’età media (43,6 anni) vicina a quella del campione complessivo.
“All’inizio – ha raccontato Baldo – mi aspettavo dati più alti e pensavo quindi che i tamponi fossero stati effettuati in maniera non corretta. Andando avanti e vedendo le curve di positività sui sintomatici, attestate circa sul 4% nei drive-through, mi sono reso conto che si tratta di cifre verosimili”.
Tutti i testati saranno ora seguiti in un follow-up di 15 giorni per verificare l’eventuale manifestarsi della malattia.
Quanto circola il virus nelle province venete
Nel presentare i risultati, Baldo ha approfondito alcuni dati specifici. Tra le province, ad esempio, il range va dallo 0% di positivi trovati sui 568 testati a Venezia all’1,65% di Belluno, dove ha inciso, in un totale di 121 sottoposti a tampone, la positività di un intero nucleo familiare. La classifica per provincia vede, nelle posizioni intermedie, Padova con 0,15%, Rovigo 0,28%, Verona 0,32%, Vicenza 0,41% e Treviso 0,47%.
I test sono stati effettuati in vari luoghi: nei centri commerciali, in enti pubblici, anche in qualche convento. E hanno rilevato uno 0,58% di positività su soggetti di passaggio, lo 0,19% tra i lavoratori della grande distribuzione, lo 0,11% tra i dipendenti comunali, lo 0,2 tra i volontari della croce rossa e lo 0% tra gli appartenenti alla Guardia di finanza.
Tra chi non aveva mai effettuato il tampone, la percentuale di prevalenza è stata dello 0,25%, tra chi lo aveva fatto più di due settimane prima dello 0,35% e tra chi era stato testato nei giorni immediatamente precedenti dello 0,4%.
I testati e i vaccini
Una differenziazione che, sia pur su basi non scientifiche, porta il professor Baldo a formulare un’ipotesi legata all’efficacia delle misure di protezione individuale (mascherine, distanziamenti, igienizzazione delle mani) è quella legata alle vaccinazioni.
Il 28% dei soggetti facenti parte del campione oggetto dello studio si era infatti vaccinato contro l’influenza. E a tutti e 4.678 i partecipanti allo screening è stata chiesta l’intenzione o meno di sottoporsi al vaccino anti Covid.
Tra l’84% che ha risposto sì, la percentuale di positivi trovati è stata pari allo 0,28%
Tra chi ha detto un deciso no o non ha risposto, sale invece allo 0,61%.
“Questo – ha commentato Baldo – potrebbe stare a significare un atteggiamento meno attento nei confronti della pandemia e, forse, anche delle misure da osservare per proteggersi dal contagio”.
Vaccini: novità e auspici
A proposito di vaccini, il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha reso noto che nella riunione tra Regioni di mercoledì 3 febbraio è stato stabilito il principio di suddivisione dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna spettanti all’Italia.
La ripartizione avverrà in base alla presenza di ultra ottantenni e non sulla popolazione complessiva. Criterio che invece continuerà a essere adottato per il vaccino di AstraZeneca.
Un siero, quest’ultimo, riguardo al quale Zaia ha auspicato si possa valutare l’opportunità di estenderne l’uso anche agli over 55. “In Gran Bretagna – ha ricordato – viene usato per tutte le fasce d’età. E in Germania fino ai 65 enni”.
Il presidente del Veneto ha lanciato un appello alla comunità scientifica che per chiedere di pensare di rinviare la somministrazione dei richiami a prima dell’estate. Questo, oltre ad avere la conseguenza di ampliare la platea di soggetti sottoposti alla prima dose, potrebbe anche aumentare la risposta anticorpale della prima, come sembra iniziare a indicare la letteratura scientifica.
Veneto: numeri da zona gialla
Per domani, venerdì 5 febbraio, è intanto attesa la nuova classificazione per fasce del Paese. Un appuntamento al quale il Veneto si presenta forte di dati rassicuranti.
L’rt è stimato infatti a 0,65, il numero di ricoveri è sceso sotto il massimo di marzo (1.978), con un calo di 91 unità in area non critica, e l’incidenza di positivi ogni centomila abitanti è a 113. “Dieci giorni fa l’incidenza era a 400”, ha concluso il presidente, confermando la rapidissima flessione delle curve, la cui velocità rimane al momento “inspiegabile”.
Redazione