La proposta della presidente della Commissione presentata al Parlamento di Strasburgo
La mossa era nell’aria e adesso è stata ufficializzata: l’Unione Europea si prepara a tagliare le importazioni di petrolio dalla Russia.
L’orizzonte temporale per l’entrata in vigore dell’embargo, che avverrà in modo graduale, è stato fissato in 6 mesi dalla presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, illustrando la proposta di fronte al Parlamento Europeo in seduta plenaria.
Von der Leyen: verso l’embargo totale
La presidente non ha usato mezzi termini: “Proponiamo un divieto del petrolio russo, un divieto totale d’importazione di tutto il petrolio russo, via mare e via oleodotto, greggio e raffinato”, sono state le sue parole nell’aula di Strasburgo. “Ci assicureremo – ha proseguito von der Leyen – di eliminare gradualmente il petrolio russo in modo ordinato, in modo da permettere a noi e ai nostri partner di assicurare vie di approvvigionamento alternative e di ridurre al minimo l’impatto sui mercati globali. In questo modo, massimizziamo la pressione sulla Russia, minimizzando nel contempo il danno collaterale a noi stessi e ai nostri partner nel mondo”.
La decisa presa di posizione è infatti motivata dalla conferma di come l’Europa ha scelto di schierarsi nel conflitto in atto. “Vogliamo – ha ribadito la presidente della Commissione – che l’Ucraina vinca questa guerra. Ma vogliamo anche stabilire le condizioni per il successo dell’Ucraina all’indomani della guerra. Il primo passo è il sostegno immediato, economico a breve termine. Inoltre, abbiamo recentemente proposto di sospendere tutti i dazi all’importazione dall’Ucraina nella nostra Unione per un anno. E sono sicura che il Parlamento europeo darà sostegno a questa idea. E, per aiutare l’Ucraina, la nostra economia deve restare forte”.
Stop al petrolio russo: le tappe
Il discorso di von der Leyen apre una strada che, come conferma l’ipotesi di arrivare allo stop entro il 2022, si preannuncia abbastanza lunga e complicata.
Per tradurre concretamente la proposta dell’Unione, infatti, serve il consenso unanime da parte dei Governi degli Stati membri.
Spetterà in parallelo alle rispettive ambasciate portare avanti il confronto con gli altri Paesi, per provare a raggiungere nei tempi più brevi l’unanimità, individuando le soluzioni che evitino pesanti ripercussioni sulle economie interne. Anche perché la decisione potrebbe tradursi già da subito in ulteriori rincari del costo del greggio.
Il ventaglio di posizioni dei singoli Paesi è estremamente diversificato. Le posizioni più rigide, e contrarie alla proposta dell’Unione, sono ovviamente quelle degli Stati che maggiormente dipendono dalle forniture russe. Ungheria e Slovacchia, ad esempio, non hanno mai fatto mistero della loro contrarietà a una decisione di questo tipo, anche per le difficoltà di garantirsi diversi approvvigionamenti, non avendo sbocchi sul mare. E anche Bulgaria e Repubblica Ceca potrebbero opporsi allo stop alle importazioni del petrolio russo, che costituisce al momento la quasi totalità del loro fabbisogno. Per l’Italia, che si rifornisce da 22 Stati diversi, secondo i dati Unem 2021 la quota di petrolio russo è invece pari al 10,1% del totale.
Alberto Minazzi