Intervista con Giorgio Fontana, 33 anni, vincitore del Premio Campiello 2014 con il libro “Morte di un uomo felice”
Il lunedì dopo aver ritirato il Premio Campiello alle 8.30 ero in ufficio, come sempre. E non perché questo riconoscimento non sia qualcosa di grande per me, ma perché non mi voglio montare la testa. Continuerò a lavorare e continuerò a scrivere nel tempo libero perché in Italia a “campare” di scrittura sono davvero in pochi». È il più giovane vincitore di sempre al Premio letterario istituito da Confindustria Veneto e dopo il successo ottenuto con il suo “Morte di un uomo felice” (ed. Sellerio), 107 voti su 291 – superando persino il favorito della vigilia Mauro Corona, piazzatosi al terzo posto – Giorgio Fontana, classe 1981, è tornato alla vita di tutti i giorni, ovvero al suo lavoro di copywriter per un’azienda di software milanese. Sempre di scrittura si tratta, ma di tutt’altro genere. Niente a che vedere con le sue ricerche e con il lavoro creativo dello scrittore che è costretto a fare nel week end, di sera, di notte…
IL PREMIO CAMPIELLO
Dal 1962 il Premio Campiello, istituito dagli Industriali del Veneto, segnala all’attenzione del grande pubblico autori e romanzi che riflettono la storia della letteratura italiana. Considerato uno dei più prestigiosi riconoscimenti in Italia nell’ambito letterario, di anno in anno ha visto confermare il successo degli autori premiati dalle vendite e a volte anche dalla trasposizione cinematografica delle loro opere. Sono ammesse al Premio opere di narrativa italiana, romanzi e racconti, pubblicate e regolarmente in commercio. La modalità di premiazione è particolare perché prevede la selezione da parte dei critici di una rosa di 5 libri, fra quelli editi nell’anno precedente, da sottoporre alla Giuria dei lettori, chiamata anche dei trecento, di diversa provenienza sociale, età, cultura, professione e posizione sociale. Il primo Premio Campiello fu assegnato l’anno successivo alla fondazione, nel 1963, al romanzo di Primo Levi “La Tregua”. Tra i vincitori più celebri si ricordano Mario Soldati, Mario Rigoni Stern e Dacia Maraini. La cinquina di finalisti dell’edizione 2014 era composta, oltre che da Giorgio Fontana, da Mauro Corona con “La voce degli uomini freddi”, Giorgio Falco con “La gemella H”, Fausta Garavini con “Le vite di Monsù Desiderio” e Michele Mari con “Roderick Duddle”.
«Vincere il Premio Campiello» – dice il giovane autore – «è un traguardo prestigioso e un punto di ripartenza importante che sta portando ad un incremento delle vendite e nuove possibilità di collaborazione all’orizzonte, ma non mi sento affatto arrivato, anzi. Per me questo è un bell’incoraggiamento a continuare a scrivere, ma non mi ha cambiato la vita, almeno per ora: non voglio peccare di ottimismo, voglio continuare a pensare di me quello che pensavo fino a due mesi fa prima di questo riconoscimento».
«Non si campa scrivendo libri» – afferma deciso – «lo dico sempre anche ai miei allievi (tra le attività di Giorgio Fontana c’è, infatti, anche l’insegnamento ad un corso di scrittura digitale, ndr). «Si sbaglia chi scrive pensando di guadagnare. Si sbaglia chi scrive pensando al denaro. Scrivere deve essere qualcosa di assolutamente disinteressato, gratuito. Serve molta umiltà. Voglio raccontare storie e il mio obiettivo è ampliare il bacino dei miei lettori non allo scopo di vendere libri, ma piuttosto per il piacere di essere letto. È per questo che io scrivo. Non resto sveglio la notte al pensiero di come vendere di più, resto sveglio la notte al pensiero che quelle righe non funzionino come dovrebbero».
Giorgio Fontana parla con quel disincanto tipico dei trentenni di oggi, un po’ disillusi, sognatori quanto basta, con i piedi ben piantati per terra. «Questo non è un paese per scrittori. Negli Stati Uniti o in Inghilterra è già molto diverso. C’è un mercato molto più aperto e flessibile ed esistono corsi di scrittura creativa in tutte le università. Ci sono molte più possibilità di vivere di scrittura rispetto che in Italia. È per questo che non ho alcuna intenzione di lasciare il mio lavoro alla società di software. Chi si arrischierebbe in un momento come questo a lasciare un buon lavoro per sperare di fare lo scrittore a tempo pieno? Io preferisco di no, anche se a volte vorrei tanto avere una settimana al mese tutta per me e ritirarmi in una grotta».
Il libro vincitore “MORTE DI UN UOMO FELICE”
Con questo libro Giorgio Fontana completa il dittico sulla giustizia iniziato con “Per legge superiore”. Protagonista è un giovane magistrato, Giacomo Colnaghi, immerso nella fase più tarda e più feroce della stagione terroristica in Italia: l’estate 1981. Profondamente cattolico, è tormentato non solo dalle sue indagini, ma anche dalla riflessione sull’origine delle sanguinose ferite che hanno dato origine al terrorismo. La storia e le inquietudini del protagonista proseguono in parallelo con i ricordi d’infanzia e in particolare con i ricordi del padre partigiano, morto tragicamente in azione quando lui era molto piccolo. Un romanzo che porta il lettore a riflettere sul senso della giustizia, sul bene e il male e sul rapporto padre-figlio. Edito da Sellerio e pubblicato in quattro edizioni, “Morte di un uomo felice” è vincitore anche del Premio Arturo Loria 2014 e ha già i diritti acquisiti per la traduzione tedesca e olandese. L’autore ha pubblicato anche i romanzi “Buoni propositi per l’anno nuovo” (Mondadori 2007) e “Novalis” (Marsilio 2008), il reportage narrativo “Babele 56” (Terre di Mezzo 2008) e il saggio su berlusconismo e identità italiana “La velocità del buio” (Zona 2011). www.giorgiofontana.com
Eppure tra il lavoro, i corsi di scrittura, le collaborazioni con alcune riviste e le presentazioni del libro in giro per l’Italia, il tempo per scrivere è sempre meno e Giorgio Fontana sta pensando a qualche soluzione che gli permetta di dedicare più tempo alla sua passione dopo l’importante conferma del Campiello.
«Dipenderà molto da come andranno le vendite del libro e da alcune collaborazioni che si stanno aprendo» – sottolinea – «Potrei pensare a una rimodulazione del mio impegno in ufficio, pur mantenendo i contatti, per poter dedicare più tempo alla scrittura e soprattutto alla ricerca».
Sì, perché dietro al libro di Fontana non c’è solo il talento di un giovane laureato in filosofia con la passione per la scrittura, ma c’è anche tanta documentazione: «Per scrivere un libro come “Morte di un uomo felice” ho dovuto studiare moltissimo, dietro ad ogni pagina c’è un lavoro immane e chi mi conosce lo sa. Non mi ritengo un grande talento, ma sicuramente un grande studioso. È per questo che sento la necessità di avere più tempo per me, per studiare e per scrivere. E, poi – perché no – per un po’ di vita privata…».