La vespa velutina, specie aliena invasiva, è una minaccia per le api. E’ sempre più presente anche in Italia
Come ricorda il sito dedicato www.stopvelutina.it, circa un mese fa, il 9 aprile 2024, con il ritrovamento di un esemplare di femmina adulta in una stanza di ospedale a Salisburgo l’Austria è diventata il 14° Paese europeo in cui è stata segnalata la presenza del calabrone asiatico, o vespa velutina.
L’insetto è ormai presente sull’intero territorio della Francia, il primo Stato in cui, in Aquitania nel 2004, è avvenuta una segnalazione della specie aliena, probabilmente introdotta con merci di origine cinese. Ma sono sempre più anche le regioni d’Italia interessate da un animale che può causare notevoli danni.
Danni ecologici ma anche di tipo economico, per gli apicoltori già alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici e dell’uso dei pesticidi.
La velutina, specie che ha potuto diffondersi soprattutto per l’assenza di predatori naturali, assedia infatti letteralmente le api mellifere per poi catturarle e mangiarle.
Ulteriore problema, la difficoltà di individuare i nidi della vespa. Anche se un metodo efficace e selettivo, sviluppato da un agricoltore ligure e poi testato a livello scientifico, dal Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura) e dalle Università di Firenze e Colonia, ci sarebbe. Ma manca ancora l’autorizzazione all’uso.
La vespa velutina in Italia
Dopo la Francia, i primi Paesi europei raggiunti dalla vespa velutina sono stati Belgio, Spagna, Portogallo e Germania.
La prima presenza del calabrone asiatico sul nostro territorio, nel ponente ligure, risale al 2013.
A luglio 2016, la specie è stata quindi inserita nella lista di quelle aliene invasive dalla Commissione Europea.
A ottobre di quell’anno, il calabrone è comparso in Piemonte, nelle province di Cuneo e Torino e, a novembre, è stato segnalato a Bergantino, in provincia di Rovigo, a 300 km dall’area originaria di infestazione, nonostante l’avanzamento potenziale segnalato dalla Francia fosse di 100 km l’anno.
Nel 2017, dopo aver ritrovato il nido di Bergantino, la Regione Veneto ha così iniziato un monitoraggio ufficiale. Progressivamente, intanto, in quell’anno un esemplare adulto è stato trovato nel Mantovano, un altro in Versilia, in Toscana, e uno a La Spezia.
Nell’ultimo anno e mezzo, tornando in Veneto, è arrivato un riscontro di esemplare, a novembre 2022, da Malcontenta, nel Veneziano, e, ad ottobre 2023, da Cittadella, nel Padovano, dove, dopo la segnalazione tramite il sito Stopvelutina, sono stati individuati anche due nidi.
Dalla prima segnalazione in Svizzera del 2017 a quelle dell’autunno 2023 in Repubblica Ceca e Ungheria, l’espansione è continuata verso Est. E se, in Italia, a marzo 2024 è stato segnalato un possibile nido a Bargino, nel Fiorentino, il 24 dicembre 2023 è stato neutralizzato un nido a Budrio, nel Bolognese.
I nidi del calabrone asiatico
L’intervento sul nido bolognese è avvenuto con la tecnica “classica” dell’iniezione di permetrina in polvere al suo interno. Una strategia efficace, anche se l’unica vera eradicazione ottenuta in questo modo di cui si ha notizia è quella avvenuta alle Baleari e dunque in un più ridotto contesto insulare.
A complicare la ricerca, il fatto che i nidi si trovano spesso in mezzo alle chiome degli alberi, a molti metri dal suolo. E se questo tranquillizza sui possibili attacchi all’uomo (in Francia, in 20 anni, si è segnalato un solo decesso), si calcola che la quota di quelli individuabili arrivi al massimo al 30%.
In un territorio assediato, tra alberi, sottotetti e muri, generalmente in spazi aperti, i nidi possono arrivare anche a 10-15 per km quadrato. Nidi che vengono abbandonati d’inverno, quando le regine si spostano in balle di fieno o altri posti riparati, per risvegliarsi a primavera.
Sono le prime giornate di sole quelle in cui contrastare la ricerca da parte delle regine feconde di risorse zuccherine e di luoghi adatti alla costruzione di un nido primario e alla fondazione di una nuova colonia, che, raggiungendo fino a centinaia di individui, porterà i suoi attacchi soprattutto verso la fine dell’estate.
La vespa velutina, originaria dell’Asia Sud-orientale, si distingue dal nostro calabrone per il colore più scuro, le dimensioni inferiori, una banda giallo-arancione in prossimità del pungiglione, una stretta linea gialla più chiara nella parte anteriore dell’addome e l’estremità delle zampe di colore giallo. Volando come un elicottero, il calabrone asiatico assedia l’alveare, non facendo uscire le api da luglio a novembre per nutrirsene.
Il contrasto alla vespa velutina
Per prevenire la diffusione della vespa velutina è possibile innanzitutto una strategia di trappolaggio primaverile, con un’esca zuccherina, generalmente a base di birra chiara, risultata la sostanza più adatta per attirare le regine e al tempo stesso la più selettiva verso altri insetti come le api.
L’Istituto di ricerca per la natura e le foreste ha avviato anche un’indagine, con l’Università di Pisa, per raccogliere, attraverso un questionario online, dati utili al fine di pianificare un approccio di contrasto efficace su scala europea.
Per la lotta integrata, in alternativa alle iniezioni di sostanze nei nidi, l’apicoltore Fabrizio Zagni ha intanto perfezionato il suo “Metodo-Z”, che ha dato ottimi risultati. Anche senza necessità di individuare i nidi, si possono far arrivare al loro interno sostanze attive attraverso esemplari catturati e liberati.
La sostanza è studiata e dosata per non far morire la vespa durante il tragitto, ma al tempo stesso di uccidere gli adulti e la regina presenti nel nido, attraverso la distribuzione al suo interno della molecola di contrasto. Tra i vantaggi, la selettività pari al 100% e la possibilità di neutralizzare più nidi presenti nelle zone attorno agli apiari.
Alberto Minazzi