La legge è un punto chiave della strategia Ue sulla biodiversità per sostenere il ripristino degli ecosistemi per le persone, il clima e il pianeta
L’obiettivo finale è quello di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 come prevede il Green Deal. E per farlo si passa attraverso una serie di linee e azioni da sviluppare in step ben precisi. Per incentivare il raggiungimento del traguardo è arrivata la “Nature restoration law”, la legge sul Ripristino della natura, entrata in vigore domenica 18 agosto. Si tratta di una riforma innovativa perché per la prima volta non solo prevede la protezione delle aree naturali, ma punta, come suggerisce il nome, a ripristinare quelle già degradate. Gli Stati membri Ue avranno ora tempo fino al 1 settembre 2026 per recepire il regolamento presentando il loro Piano nazionale di ripristino.
Il ripristino in tre tappe
Nell’Unione europea l’81% degli habitat sono in pessimo stato.
Ripristinare zone umide, fiumi, foreste, praterie, ecosistemi marini e le specie che ospitano aiuterà ad aumentare la biodiversità, a proteggere la natura, la pulizia dell’acqua e dell’aria, l’impollinazione delle colture, a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, a rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa prevenendo i disastri naturali e riducendo i rischi per la sicurezza alimentare.
Il ripristino delle aree naturali giù degradate prevede tre step: il 30% di ogni ecosistema dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030; il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. Le capitali devono dunque mettere a punto dei piani nazionali di azione per raggiungere gli obiettivi e riferire periodicamente alla Commissione Europea come stiano agendo in tal senso.
La mappatura degli ecosistemi urbani e nelle periferie
La legge sul Ripristino della natura prevede anche di mappare tutti gli ecosistemi urbani presenti nelle città e nelle periferie perché sia possibile catalogare le aree che hanno bisogno di ripristino, pianificare interventi di rinverdimento e immaginare soluzioni in grado di mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Gli ecosistemi urbani rappresentano circa il 22% della superficie terrestre dell’Unione dove vive la maggior parte degli europei.
Nello specifico l’articolo 8 della legge invita entro il 31 dicembre 2030 a provvedere affinché non si registri alcuna perdita netta della superficie nazionale totale degli spazi verdi urbani, né di copertura della volta arborea nelle zone di ecosistemi urbani. Da questo obiettivo sono esclusi solo i centri e gli agglomerati che già presentano una quota di spazi verdi superiore al 45% e di copertura arborea superiore al 10%. Dal 1 gennaio 2031 inoltre le zone urbane saranno tenute ad aumentare gli spazi verdi integrando elementi vegetali anche negli edifici e nelle infrastrutture. Un trend che sarà monitorato ogni anno. Gli Stati dovranno infine individuare le sinergie adottate con la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai medesimi, la neutralità in termini di degrado del suolo e la prevenzione delle catastrofi.
Cosa si sta facendo in Italia
Sono diverse le Regioni e città che si stanno muovendo nella direzione delle rinaturazione urbana.
In Emilia Romagna si lavora sulla gestione delle esondazioni nei centri abitati; in Friuli Venezia Giulia si progetta per mitigare la siccità. E ancora in Veneto si ripristinano le dune per salvarle dal turismo di massa e creare zone naturali. Dal 2020 in Lombardia, Fondazione Cariplo sta sostenendo con fondi e un’assistenza tecnica la realizzazione di strategie di transizione climatica attraverso i progetti F2C – Fondazione Cariplo per il Clima e la call for ideas Strategia Clima. A Bergamo e Brescia sono in corso interventi per aumentare la copertura verde, mappare gli impatti del riscaldamento globale, elaborare piani di ripristino e realizzare Comunità Energetiche Rinnovabili.
Silvia Bolognini