I pittori veneziani raccontano San Marco
Non è la prima volta che un momento storico difficile, come un’epidemia, incontra la figura di San Marco. Pur non essendo un Santo tradizionalmente legato alle guarigioni, in passato si è pensato anche a lui per aiutare la popolazione a superare una crisi sanitaria.
Nel 1510, infatti, la Serenissima commissionò a un giovanissimo Tiziano Vecellio un dipinto che celebrasse San Marco invocandone la protezione.
Il dipinto San Marco in Trono, inizialmente collocato nell’Isola del Santo Spirito (come testimonia Vasari) e oggi esposto alla Salute, rappresenta il patrono di Venezia attorniato da ben 4 santi “medici”, o tradizionalmente invocati contro le malattie: San Sebastiano, San Rocco, San Cosma e Damiano.
Tiziano investe San Marco del ruolo di protettore, di riferimento spirituale per la città, al di sopra delle convenzioni, collocandolo fisicamente più in alto degli altri proprio a significare un’importanza religiosa e una forza maggiore agli occhi di chi lo guarda.
San Marco è una figura che a Venezia, ovviamente, non manca mai e ogni pittore, proprio come Tiziano, ne ha fornito una propria personale chiave di lettura.
Giovanni e Gentile Bellini: il Santo e la Festa
Giovanni Bellini, pittore veneziano per eccellenza, e suo fratello Gentile ci forniscono due delle più antiche e complete visioni di questa figura, mettendo in risalto sia un aspetto storico che racconta la vita del Santo, sia la relazione che ha con la città tramite una testimonianza unica al mondo.
L’opera Predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto racconta uno scorcio in cui possiamo ammirare il Santo che predica in una piazza egiziana dai tratti fortemente tardogotici e bizantini (un misto tra Piazza San Marco e le architetture di Santa Sofia a Costantinopoli). L’opera, iniziata da Gentile Bellini e finita da suo fratello Giovanni, tra il 1504 e il 1507, era collocata inizialmente alla Scuola Grande di San Marco, edificio di importanza artistica colossale, spogliato in epoca napoleonica della sua bellezza.
Oggi l’opera è conservata alla Pinacoteca di Brera di Milano, anche se il possesso è condiviso con le Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Proprio nella più grande collezione di pittura veneziana è ospitato un dipinto di grandissima importanza storica: Processione in Piazza San Marco di Gentile Bellini (1496).
Una tela dalle dimensioni importanti (347x770cm) che racconta la Festa del giorno di San Marco, con la sfilata delle Scuole Grandi e delle autorità civili e religiose.
Questo dipinto riesce a trasmetterci, dopo secoli, sia la sacralità di questo evento, molto partecipato e sostenuto dai cittadini, sia uno scorcio di una Piazza San Marco che non siamo abituati a vedere, senza le procuratie del Sansovino e Scamozzi, con la vecchia pavimentazione e con il vecchio campanile.
Cima da Conegliano e Vittore Carpaccio: il Leone
Insieme ai fratelli Bellini, la scena artistica veneziana a cavallo tra la fine del ‘400 e l’inizio del XVI secolo vedeva altri due grandi nomi, Cima da Conegliano e Vittore Carpaccio.
Pur avendo due stili completamente diversi, il primo molto legato a colori chiari e a paesaggi tipicamente montani, il secondo dai cromatismi accesi e dalla minuzia nei dettagli, condividono il tipo di prospettiva da dare alla figura del patrono della città. Entrambi, infatti, rendono la figura di San Marco tramite il simbolo cui è tradizionalmente collegata, il Leone alato con il libro, trasmettendo forza e possenza.
Giambattista Cima da Conegliano, nell’opera Il Leone di San Marco tra i santi Giovanni Battista, Giovanni Evangelista, Maria Maddalena e Girolamo (conservato alle Gallerie dell’Accademia), rende tutta l’importanza e la forza spirituale del Santo, ponendo la belva dallo sguardo fiero al centro dell’opera, sovrastando qualunque dettaglio del paesaggio lacustre retrostante.
Dieci anni dopo (1516), anche Carpaccio rappresenta il Leone alato nel dipinto di Palazzo Ducale Leone di San Marco, dove il felino è solo, centrale, rappresentato in tutta la sua possenza fisica, sovrastando un paesaggio di Venezia reso minuziosamente con i dettagli di Piazza San Marco, del Lido e delle Galeazze che simboleggiano l’operosità dell’Arsenale e del porto della Serenissima.
Tintoretto e il ciclo di San Marco
Il riferimento più significativo alla figura di questo Santo è sicuramente il ciclo pittorico realizzato da Tintoretto per la Scuola Grande di San Marco e che oggi è diviso tra la Pinacoteca di Brera di Milano e l’Accademia di Venezia che ne custodisce la maggior parte.
Il pittore di Cannaregio rappresenta una serie di episodi legati al corpo (quindi all’aspetto delle reliquie) del Santo e al suo aspetto miracoloso, in un ciclo che comprende San Marco libera uno schiavo (1548),
Ritrovamento del corpo di San Marco (1562-66), Trafugamento del corpo di San Marco (1562-66), San Marco salva un saraceno (1562-66) e Il Sogno di San Marco ( realizzato in collaborazione con il figlio Domenico).
Il San Marco che possiamo ammirare in queste tele, grazie alla resa di una figura forte e di un colore forte, trasmette un messaggio di sicurezza, che oltrepassa le barriere del tempo e dello spazio, arrivando a compiere miracoli post mortem e salvando persone ben distanti dalla suo culto ma meritevoli di un aiuto (come il “saraceno” del dipinto, che lo aveva invocato nel momento del bisogno).