Sullo “scacchiere idrogeno” si stanno muovendo tutti: dagli Usa all’Arabia Saudita all’Australia ai paesi del bacino mediterraneo
Quando martedì il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, si è incontrato a Roma con il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, per fare il punto su progetti e fondi del Pnrr, sapeva di avere in mano un atout invidiabile capace di proiettare il Veneto nel ruolo di protagonista sul fronte della transizione energetica e di Net Zero «Per l’Europa, l’Italia e tutto il Nordest».
Ne è convinto (le parole sono sue) Andrea Bos, presidente dell’Hydrogen Park di Marghera, il centro industriale dell’entroterra veneziano.
Nato nel 2003, sostenuto da soci che si chiamano Eni, Sapio, Edison, Decal, Berengo, Confindustria Veneto Est e Confindustria Veneto, l’Hydrogen Park veneziano è già una realtà a valenza nazionale grazie a una serie di accordi anche di produzione di H2 con soggetti industriali a Mantova, in Piemonte e in Toscana: nasce tutto da Venezia ma è ormai un progetto di sistema.
Che la corsa all’oro verde (perché solo così l’Europa vuole l’idrogeno) sia del resto iniziata lo confermano molti fattori.
Ed è una corsa che vede Venezia (in qualità di «vero hub energetico») protagonista.
Il bilaterale con l’Australia
Tanto che l’Australia, uno dei maggiori produttori mondiali di idrogeno verde, ha sentito il bisogno di confrontarsi con Hydrogen Park in un bilaterale, organizzato dal Consorzio Hydrogen Park con il Consolato Generale d’Australia a Milano, che ha posto le basi di una collaborazione con la nazione australe destinata a diventare secondo esportatore netto di idrogeno a basse emissioni entro il 2030 e il primo entro la metà del secolo.
«Esiste un forte potenziale di collaborazione con l’Australia – ha detto Naila Mazzucco, console generale a Milano – per lo sviluppo di una catena di approvvigionamento di idrogeno verde, a sostegno delle nostre rispettive economie e della loro transizione energetica verso il Net Zero».
Prima degli australiani, analoghi incontri c’erano stati con gli Usa (in cui un forte impulso è dato dall’Inflation Reduction Act, Ira, che ha spiazzato e messo alla rincorsa Bruxelles per valore delle risorse e ricadute economiche competitive) e Canada.
«Noi stessi siamo produttori di idrogeno verde e al contempo acquisiamo know-how e sigliamo accordi con alcuni dei più grandi player occidentali – ha rilevato Andrea Bos, che in Confindustria Veneto è vicepresidente del Comitato Piccola Industria con delega all’Energia – Un disegno che risponde anche a precisi criteri geopolitici. Non vogliamo ritrovarci in futuro legati a fonti di approvvigionamento inaffidabili e insicure come nel caso del gas».
Infatti sullo “scacchiere idrogeno” tutti si stanno muovendo, dagli Usa all’Arabia Saudita all’Australia e paesi del bacino mediterraneo «ma l’Italia, e anche la Grecia, con il loro impegno nel fotovoltaico – sottolinea Bos – possono essere produttori di energia verde, soddisfacendo i requisiti europei e, discorso che certamente vale per noi, diventare esportatore netto di idrogeno da elettrolisi».
Che non vuol dire, precisa, che presto per riscaldare e climatizzare le nostre case o per far funzionare ospedali o grandi comunità, scorrerà idrogeno nelle tubature (o nei gasdotti riadattati, capitolo su cui l’Europa è molto scettica) ma intanto le aziende si stanno attrezzando, «sostenute da ministero dello Sviluppo economico, dalla Regione del Veneto, dallo stesso Comune di Venezia, per facilitare la transizione energetica, attivandosi per esempio sul fronte delle regole e degli incentivi».
Entro il 2035, al Marco Polo, aerei a idrogeno
Con risultati tangibili: da una media di 0,8 gigawatt/anno di rinnovabili approvati, l’anno scorso si è arrivati a 2,8 GW.
Sapio ha visto finanziata la realizzazione tra il 2025 e il 2026 del nuovo impianto da 5 megawatt in grado di garantire un massimo di 750 tonnellate di idrogeno verde l’anno. E tra i clienti prossimi ci sono le vetrerie di Murano.
Ma non solo: c’è la veneziana Actv che stringe i tempi per mettere in linea le prime due coppie di autobus alimentati a idrogeno verde.
Ci sono poi i progetti per la Hydrogen Valley con lo scopo di creare una “area metropolitana per l’idrogeno” con Confindustria Veneto Est in prima linea e che si coniuga con la politica dell’Unione europea dei Corridoi dell’idrogeno: è il caso del SouthH2 Corridor che Italia, Germania e Austria hanno concordato di sostenere.
E poi ancora, per limitarci all’area veneziana, ci sono le intese e i piani sia con l’Autorità portuale (che vuole dotarsi di una centrale “tascabile” per la produzione di H2) che con Save, gestore del terzo scalo intercontinentale italiano.
«Gli studi anche di Airbus fanno prevedere che entro il 2035 al Marco Polo atterreranno e ripartiranno, quindi dovranno essere riforniti, aerei a idrogeno» anticipa Bos. Mentre in provincia di Bolzano entro fine anno potrebbero arrivare i primi nove autobus alimentati (anche) a idrogeno.
Senza contare il capitolo degli stoccaggi e quello ferroviario, con progetti a breve scadenza su cui è tornato in occasione del Salone Nautico di Venezia il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini.
La sfida di Hydrogen Park
Energia verde, energia giovane. Una vera corsa al nuovo “oro verde” con l’Europa che accelera, sulla traccia del programma RepowerEu, con centinaia di progetti, sebbene allo stato attuale non più del 5% sia stato approvato e finanziato (contro il 20% degli Usa) con obiettivi di consumo di 20 milioni di tonnellate per il 2030.
Bos assicura che «Hydrogen Park saprà essere soggetto competitivo capace, attraverso la partecipazione a una rete nazionale ed europea, ad imprimere un forte impulso per una transizione dolce che garantisca al contempo innovazione, decarbonizzazione e approvvigionamento energetico».
Agostino Buda