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Venezia nella rete dei laboratori europei per l'acqua

Venezia nella rete dei laboratori europei per l'acqua
Depuratore di Fusina (Ve)

Il caso-studio del capoluogo lagunare inserito nel progetto che mira a migliorare la resilienza del sistema idrico

Nel 2030, metà della domanda mondiale di acqua potrebbe non essere soddisfatta. L’acqua è un bene prioritario e necessario alla vita, ma non può essere trasportata: di fatto è perciò una risorsa a livello globale che va gestita localmente.

Per favorire la gestione partecipata dell’acqua a livello locale in un sistema sempre più “water smart” che supporti la migliore resilienza di fronte ai cambiamenti climatici in corso, l’organismo europeo per la gestione dell’acqua Water Europe ha creato la rete “Woll 4 All”, che mette in sinergia i laboratori “Water Oriented Living Lab”, riassunti con l’acronimo Woll.

E, tra i primi in Italia, anche il caso-studio di B-WaterSmart (il progetto europeo finanziato Horizon) di Venezia, coordinato dalla multiutility veneziana Veritas, è entrato a far parte della rete dei Woll europei.

Woll, la rete europea per l’innovazione nella gestione della risorsa idrica

Andrea Rubini

“La rete dei Woll – ha spiegato Andrea Rubini, direttore operativo di Water Europe, intervenuto al seminario dedicato ai risultati del caso-studio Venezia per rilanciare la sfida anche nella città lagunare – sarà una forza propulsiva per l’innovazione nel settore delle tecnologie per l’acqua. Ma permetterà anche, come già fatto a Venezia, di sperimentare modelli di governance condivisa e partecipata, strategici per supportare la resilienza dell’intero sistema a fronte dei problemi che dobbiamo affrontare”.

“Woll – aggiunge Rubini – significa ecosistema collaborativo concepito per supportare l’innovazione e facilitarne l’inserimento nel mondo reale in un contesto multipartecipato”.

Le sfide del caso-studio Venezia: l’applicazione sul territorio delle soluzioni innovative

Al progetto europeo B-WaterSmart hanno partecipato, oltre a Venezia, i living lab di Alicante (Spagna), Bodø (Norvegia), Fiandre (Belgio), Lisbona (Portogallo), Frisia Orientale (Germania), che lo scorso 18 luglio si sono ritrovati nella città lagunare per un confronto sui risultati emersi dalle sperimentazioni innovative attivate nei diversi paesi. Di tutti i casi studio, soltanto Venezia, Lisbona e Fiandre sono però diventati Woll.

“La sfida quindi continua, dal momento che, d’ora in poi, si tratta di applicare sul nostro territorio i risultati delle soluzioni innovative trovate”, spiega Patrizia Ragazzo, responsabile ricerca e sviluppo servizio idrico integrato Veritas e coordinatrice caso studio Venezia B-WaterSmart

Le prime a entrare in gioco per il caso-studio Venezia, fa quindi il punto Ragazzo, saranno le 2 piattaforme informatiche per la gestione dei dati per supportare valutazioni e decisioni sulla sostenibilità e opportunità della valorizzazione delle acque reflue depurate e dei fanghi di depurazione.

Depuratore Fusina (Ve) fanghi depurazione

Utilitalia: potenziale di riuso degli effluenti pari a un quarto dei prelievi effettuati

Utilitalia, federazione nazionale delle multiutilities, ha calcolato, nello specifico, il potenziale di riuso delle acque reflue nelle diverse aree del nostro paese caratterizzato, tra Nord e Sud, da grandi differenze in quanto a disponibilità idrica.

“Nel 2020 il volume di acqua reflua confluito e poi scaricato nei depuratori in esercizio sul territorio nazionale – sottolinea Tania Tellini, direttrice area Acqua di Utilitalia – è pari a 6,7 miliardi di metri cubi. Il 70% di questo volume, pari a 4,7 miliardi di metri cubi, subisce un trattamento avanzato, che può permettere un potenziale di riuso che corrisponde a circa un quarto del totale dei prelievi effettuati, negli anni 2015-2019, per fini industriali o irrigui”.

Per adeguare i depuratori, dal punto di vista impiantistico, al regolamento dell’Unione Europea 741/2020 – chiarisce però la direttrice – servono tra i 18 e i 21 miliardi di euro di investimenti e circa 35 milioni di spese operative annuali”.

Sbloccare le tariffe per dare all’acqua un valore proporzionato e ridurre gli sprechi

Il problema dei costi di gestione del servizio idrico a fronte di normative europee, che richiedono performance sempre più elevate, è stato posto anche da Andrea Razzini, direttore generale di Veritas. “L’acqua è un bene comune – ha precisato – ma noi ci comportiamo come se la risorsa fosse infinita. Il servizio idrico in bolletta costa poco e quindi per l’opinione pubblica vale poco, questa errata percezione favorisce lo spreco dell’acqua”.

acqua
Il direttore generale del Gruppo Veritas Andrea Razzini

Razzini ha così identificato la possibile soluzione: “È necessario sbloccare le tariffe, per dare all’acqua il giusto valore di bene prioritario. Ci tengo a ricordare inoltre che in Europa si spende da 4 a 11 volte di più per la bolletta idrica, rispetto al nostro Paese. Occorre un cambiamento di mentalità, perché nemmeno la sfida del riuso delle acque reflue depurate è stata finora compresa a fondo e trova numerosi ostacoli soprattutto burocratici”.

Aggiornare le normative e finanziare gli investimenti necessari per il riuso dell’acqua

Ottimizzare la gestione idrica e realizzare gli adeguamenti e le infrastrutture necessarie per rendere concreto anche il riuso delle acque reflue depurate a fini industriali o irrigui richiede l’aggiornamento delle normative e specifici investimenti, come ricordato da Massimo Cornaviera, direttore operativo Viveracqua, il consorzio dei gestori pubblici del servizio idrico integrato del Veneto e di parte del Friuli Venezia Giulia.

Il sistema attuale dei depuratori infatti va adeguato con reti, serbatoi e quant’altro per permettere il trasporto delle acque reflue depurate, dai depuratori fino agli utilizzatori finali, siano essi imprese o agricoltori. Ma i costi sono ingenti e la realizzazione delle opere complessa.

“Una soluzione possibile – ha proposto Samir Traini, esperto di laboratorio REF ricerche – è l’inserimento di questi interventi all’interno del Piano nazionale degli Interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico (PNIISSI) con richiesta di finanziamento da parte del Ministero delle Infrastrutture. Fondi europei inoltre potrebbero essere destinati ad imprese ed agricoltori per incentivare l’utilizzo di acqua da riuso”.

A Venezia un laboratorio per la governance partecipata con i portatori di interesse

In un’ottica di trasformazione dell’intero sistema in chiave water smart, diventa dunque strategico il modello di governance partecipata messo in campo dal laboratorio veneziano.

Depuratore di Fusina (Ve)

Dal 2021 infatti il caso-studio Venezia ha attivato la CoP territoriale che sostiene gli obiettivi condivisi del progetto B-WaterSmart. Ne fanno parte: Regione Veneto, Arpav, Città Metropolitana di Venezia, Consorzio di bonifica Acque Risorgive, Anbi Veneto, Consiglio di Bacino Laguna di Venezia, Viveracqua, Veneto Agricoltura, Confindustria Veneto Est, Confagricoltura, Consorzio Italiano Compostatori Cic, Università di Venezia e di Verona. La CoP lavora attivamente per perseguire obiettivi di progetto, che sono indirizzi comuni e condivisi.

Una visione strategica complessiva per riduzione impronta di carbonio ed economia circolare

Patrizia Ragazzo responsabile ricerca e sviluppo servizio idrico integrato Veritas e coordinatrice caso studio Venezia B-WaterSmart

“La CoP – spiega Patrizia Ragazzo – ha permesso di condividere gli obiettivi strategici di progetto con i soggetti chiave della filiera dell’acqua, le autorità territoriali e le organizzazioni/associazioni di categoria del territorio, direttamente e indirettamente correlati alle risorse da valorizzare e ai prodotti da recuperare. L’obiettivo è stato verificare la corrispondenza negli intenti e costruire sinergie e collaborazioni fattive con tutti i protagonisti del quadro che si andava ad analizzare e valorizzare”.

“Solo con una governance di questo tipo – conclude – è possibile proseguire per realizzare efficacemente gli obiettivi europei di riduzione dell’impronta di carbonio e di valorizzazione delle risorse in un’ottica di economia circolare”.

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