Da San Zaccaria una testimonianza importantissima del mondo femminile del XII secolo
Ma c’è davvero chi crede che a Venezia, anche in quella medievale, le donne non riuscissero a ricavarsi uno spazio importante nella società? Non è così.
Alcuni documenti rinvenuti all’interno dell’ Archivio di Stato dimostrano infatti come, nel monastero femminile situato accanto alla Chiesa di San Zaccaria, le monache contavano. Tanto da potersi confrontare anche con i grandi uomini di Stato di allora.
A far emergere questa realtà è stato uno studio della Dott.ssa Anna Maria Rapetti, docente di Storia Medievale presso l’Università Ca’ Foscari, che ha pubblicato i risultati delle ricerche svolte nella rivista specialistica Reti Medievali, con l’articolo “Uscire dal chiostro. Iniziative di riforma e percorsi di autonomia di un monastero femminile (Venezia, XII secolo)”.
Il mondo delle monache di San Zaccaria
La Chiesa di San Zaccaria è uno scrigno di grandi nomi dell’arte veneziana. Bellini, Palma il Vecchio, Andrea del Castagno sono solo alcuni nomi che riempiono le pareti di questa costruzione che vede le sue origini addirittura nel IX secolo.
Grazie ai fondi dell’Archivio di Stato che parlano di San Zaccaria, è stato possibile ricostruire quella che era la piccola società delle monache che vivevano nella struttura adiacente alla chiesa. La loro vita non era diversa da quella di una normale società monastica. Tuttavia riuscivano ad affermarsi in una maniera forte e chiara anche in un momento storico così controverso.
“In un ambiente regolato da rigide norme che limitavano la libertà di iniziativa e persino di movimento delle donne che avevano preso il velo e, per amore o per forza, erano diventate monache, e in un’epoca considerata, non a torto profondamente misogina – anticipa Anna Maria Rapetti – queste donne hanno agito come comunità organizzata e coordinata di persone di cui conosciamo spesso perfino nomi e cognomi”.
Monache donne d’impresa
“La badessa Casota Caisolo e le monache Emerienziana, Celestina, Calandria e Imilia – spiega Rapetti – hanno infatti trovato la propria realizzazione non individualmente, nella preghiera e nel silenzio che ci si aspetta da chi si è ritirato tra le mura di un chiostro, ma nel progetto, condiviso e perseguito collettivamente, di accrescere il prestigio e l’influenza della propria comunità monastica anzitutto attraverso il collegamento alla potentissima abbazia borgognona di Cluny e l’adozione delle sue Consuetudini”.
Le monache di San Zaccaria, con dimostrate abilità in ambito amministrativo ed economico, sono in qualche modo state quindi “donne d’impresa”, riuscendo a rilanciare la Chiesa di San Zaccaria grazie a un intenso lavoro di reti sociali e relazioni con personalità come il podestà di Verona e le autorità istituzionali, politiche e giuridiche della città.
Il progetto di San Zaccaria
Il progetto per il rilancio della chiesa di San Zaccaria è emerso grazie al ritrovamento di alcuni documenti del 22 dicembre 1195. Ma al di là del fortunato progetto, ciò che ha stupito gli studiosi è stato scoprire che, per svolgere un’operazione fondiaria nei pressi dell’odierna Ronco all’Adige le temerarie monache non solo non hanno temuto di relazionarsi con le alte cariche della città ma neanche di infrangere le regole della clausura in modo completamente rivoluzionario per il tempo.