Sono passati due anni dalla seconda acqua alta più importante della storia di Venezia.
La città è rinata, gli interventi di ripristino sui ponti, sulle rive, sulle scuole, sugli approdi e sui muri di sponda danneggiati sono stati completati in tempi record e non lasciano ricordo oggi di quella terribile settimana che, a partire dalla notte del 12 novembre 2019, ha tenuto con il fiato sospeso la città e le sue isole.
Eppure, quella notte, ritorna nelle menti dei veneziani ogni volta che si azionano le sirene d’allarme o che, dal Centro Maree del Comune, vengono aggiornate le previsioni.
Oggi a fermare le acque c’è il Mose
Perché, da allora, di acque alte ce ne sono state ancora a Venezia. L’ultima, pochi giorni fa.
Ma, a parte San Marco, che viene raggiunta dalla marea con appena 70 cm dal medio mare e per la quale si stanno definendo altri progetti, di queste ultime, se non per un’innata ansia che assale chiunque viva o abbia attività in laguna, non se ne è praticamente accorto nessuno.
Per ben 25 volte, infatti, negli ultimi due anni, le acque alte eccezionali sono state tenute lontane dal Mose, attivato benché non ancora ultimato del tutto, ma funzionante.
12 novembre 2019: l’inizio di un incubo durato una settimana
Quella notte del 12 novembre 2019, invece, il Mose restò negli abissi mentre, a partire dalle isole di Pellestrina e di Burano, avamposti del disastro che avrebbe poi coinvolto l’intera città, l’acqua e il vento cominciarono a salire e ad aumentare vertiginosamente.
Isolata per ore e completamente al buio, Pellestrina ebbe la peggiore, contando anche due vittime: Giannino Scarpa, di 78 anni, folgorato a causa di un corto circuito elettrico e un’altra persona colpita da malore e impossibilitata a trovar soccorso.
Mentre nell’isola che divide la laguna dall’Adriatico si consumava la tragedia, lungo le rive di Venezia, nelle isole di Burano, Murano, Giudecca e San Servolo si accatastavano le imbarcazioni andate alla deriva e nei negozi, negli alberghi, nelle chiese, nei magazzini e nelle case al pianterreno l’acqua cresceva con la disperazione di chi lottava contro la propria impotenza prima ancora che con la marea.
Una marea di aiuti e solidarietà
Ma i veneziani non si sono dati per persi. Quei 187 centimetri che arrivavano ai fianchi e il ciclo delle maree eccezionali che li hanno afflitti anche nei giorni successivi, arrivando sempre a superare quota 150, sono stati vinti grazie alla solidarietà e all’aiuto reciproco iniziato già nella prima notte.
La mattina del 13 novembre, a Venezia, armati di stivaloni e di gran forza di volontà, sono arrivate infatti centinaia di persone, soprattutto di giovanissimi, che si sono rimboccate le maniche accanto ai negozianti, ai dipendenti dei musei, agli abitanti e ai volontari della protezione civile distribuiti tra il centro storico e le isole per far fronte alla terribile alluvione.
Consuelo Terrin
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