Fa caldissimo, lo sentiamo tutti. E lo conferma il Centro meteorologico Arpav di Teolo. Siamo nel pieno di un’ondata di calore, ossia di quel persistere, per almeno tre giorni, di condizioni di temperatura superiore ai 30° e di un alto tasso di umidità.
“E’ estate”, qualcuno obietta. “E’ normale”.
Non è proprio così. I modelli cimatici e i risultati di studi qualificati, tra cui quello dell’ISPRA, dipingono un quadro preoccupante.
Ci aspetta uno scenario di siccità. Il clima, nel nostro Paese, intorno al 2050 potrebbe essere simile a quello attuale della Tunisia.
La temperatura aumenterà costantemente. In assenza di azioni, nell’area mediterranea è previsto un aumento di 2,2 gradi già nel 2040.
A rilevarlo sono gli ingegneri veneziani che, riunitisi alla Scuola Grande di San Rocco per discutere sui cambiamenti climatici, hanno prodotto la prima “Carta di Venezia Climate Change“. Un documento importante, che ai dati e alle considerazioni sui cambiamenti climatici aggiunge anche suggerimenti tecnici per affrontare le tante sfide per il nostro futuro.
La “Carta di Venezia Climate Change”
Il position paper, presentato pubblicamente dall’Ordine e dal Collegio ingegneri di Venezia, muove dalle considerazioni legate all’acqua granda di dicembre 2019 in quanto il fenomeno -si legge nel documento- « ben rappresenta la metafora del futuro che attende l’umanità nei prossimi decenni, una volta rotto un equilibrio essenziale».
Marco Marani, dell’Università di Padova, ha ricordato infatti che il livello del medio mare, a Venezia, è cresciuto di 36,7 centimetri dal 1872 al 2019.
Qualora si avverasse lo scenario di un aumento di temperatura di 3,2 gradi, a fine secolo l’innalzamento potrebbe arrivare sull’ordine del metro.
Tutto questo, unito ai fenomeni estremi, si tradurrebbe in un potenziale grave problema di allagamenti annuali di tutta l’area costiera veneta. E addirittura, nella prospettiva più fosca, il rischio è quello di perdere una fascia pari a quasi metà del territorio del Veneto.
«I fenomeni della natura, la vita e il nostro futuro risiedono in una sottile pellicola di gas ampia un millesimo del diametro della terra» ha ricordato Marino Mazzon, introducendo la presentazione della “Carta”. «E la crisi climatica è troppo veloce per non dipendere dalle attività umane. Limitare i danni dipende dalla capacità dei Governi di unire le forze».
La situazione
La tesi che esprime la posizione degli ingegneri veneziani si basa su una serie di considerazioni e dati.
Il punto di svolta è stato individuato nel 1950. Da allora, le emissioni di CO2 in atmosfera sono aumentate del 700%, superando i limiti di assorbibilità del pianeta.
Negli stessi 70 anni, la concentrazione di anidride carbonica nell’aria è aumentata del 30%, andando del tutto fuori scala.
Nell’ultimo secolo, la temperatura è inoltre salita di oltre 1,1 gradi centigradi e ogni nuovo anno si batte il record.
Tutto questo porta ad anomalie e ad eventi estremi come la tempesta Vaia dell’ottobre 2018.
Anche il permafrost (il terreno artico che contiene, oltre a metano, il doppio della CO2 presente in atmosfera oggi) si sta sciogliendo, perché l’Artide si scalda a una velocità tripla rispetto al resto del pianeta. Ed entro fine secolo si prevede che rilasci 100 GT di gas serra. Contribuendo a portare la terra al punto di non ritorno.
Le sfide dei cambiamenti climatici
A livello planetario, la prima sfida è quindi quella di azzerare le emissioni nette di CO2 entro il 2050, ovvero di almeno il 3% all’anno.
Lo dice il rapporto 2018 dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico). In secondo luogo, bisogna raggiungere la condizione di sostenibilità.
Non si può cioè consumare più di quanto il pianeta può fornire, come invece avviene oggi. In 7 mesi, in pratica dall’1 gennaio al 19 luglio, l’umanità consuma infatti quello che la terra avrebbe a disposizione per un anno.
Per ottenere tutto questo, bisogna quindi agire in primo luogo sulle cause.
La Carta degli ingegneri veneziani indica tra le varie azioni ad esempio la transizione energetica dai combustibili fossili alla produzione da fonti rinnovabili. Ma anche sugli effetti, aumentando la resilienza. Vanno cambiati radicalmente i nostri stili di vita, contenendo e ottimizzando i consumi di energia, evitando gli sprechi e abbandonando la consuetudine dell’usa e getta. Andrà incentivato il trasporto collettivo e l’utilizzo dei veicoli a trazione elettrica. Si dovranno poi piantumare grandi quantitativi di alberi. E il territorio andrà salvaguardato e difeso dai rischi di frane, smottamenti e allagamenti, protetto con dighe e altri sistemi di difesa passiva.
Il contributo degli ingegneri
Gli ingegneri veneziani, con la loro Carta realizzata da una commissione di esperti, condividono dunque le indicazioni di ONU e IPCC. E si propongono con un ruolo attivo e propositivo, mettendo a disposizione delle istituzioni e delle Amministrazioni le proprie competenze polidisciplinari.
Tra le principali priorità dei progetti di ingegneria, viene quindi evidenziato l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio, sia pubblico che privato, per evitare le dispersioni di calore estive ed invernali. A tal fine, si chiedono misure che incentivino l’autosufficienza degli edifici, la produzione autonoma di energia da rinnovabili, l’acquisto di veicoli che non utilizzano combustibili fossili e l’uso di trasporto pubblico integrato.