Oggetti in lamiera lavorata a sbalzo, come si faceva nel Settecento, manufatti artistici e pezzi unici trattati con porporine, foglia d’oro, lacche e patine antichizzanti.
C’è ancora una storica bottega, a Venezia, che raccoglie la tradizione della lavorazione del ferro battuto mettendo assieme le esperienze di tre generazioni.
E’ quella di Jonathan Ceolin, figlio d’arte ed erede di una delle più antiche e famose tecniche artigianali praticate in città.
Un piccolo scrigno, tanti oggetti di storico valore
All’interno del suo piccolo negozio oggi in campo Santa Marina, si può ammirare una vasta esposizione di oggetti artistici: appliques, riproduzioni fedeli di lampadari del ‘600-‘700, copri termosifoni, fanali di galera per esterno (quelli che un tempo erano incassonati sul cassero delle galere della Serenissima), catene e rosoni per lampadari, elementi d’arredo antichi e moderni ma anche tanti oggetti creati dalla fantasia e dal senso artistico dell’artigiano del ferro.
Jonathan Ceolin da tempo collabora infatti con vari maestri vetrai di Murano per confezionare lanterne così particolari e preziose da essere esportate anche in California, in un negozio specializzato di Burbank. “Realizzo a mano la struttura metallica che “imprigiona” il vetro soffiato – ci spiega -. Ogni lanterna è diversa dall’altra per forgia o colore”.
Nella vasta esposizione del suo negozio non mancano infine i manufatti artistici nati su proposta e disegno del cliente, pezzi unici che poi non vengono più replicati.
Il ferro battuto nelle chiese e nei palazzi di Venezia
“All’inizio degli anni quaranta del Novecento mio nonno Adelmo iniziò la lavorazione del ferro e di altri metalli come il rame e l’ottone, aprendo una bottega in uno dei campi più caratteristici di Venezia, Campiello de la Cason, a Cannaregio – racconta Jonathan – Il mestiere di fabbro fu seguito qualche anno più tardi dal figlio Mario, mio padre, che si trasferì ben presto in Calle Racchetta”.
Molti dei lavori eseguiti in quel periodo si possono ancora ammirare nelle chiese, nei palazzi e per le strade di Venezia.
“Mio nonno e mio padre hanno realizzato insieme il cancello d’ingresso di Palazzo Labia – ricorda ancora Jonathan -Di mio padre Mario è invece l‘inferriata di Palazzo Correr a Santa Fosca, così come il restauro totale del lampadario principale del Teatro Goldoni”.
Anche Jonathan prima dell’emergenza sanitaria stava realizzando un lavoro destinato alla città “Stavo completando una nuova grande lanterna per l’ingresso del conservatorio Benedetto Marcello -rivela – Ho dovuto interrompere la lavorazione a causa del coronavirus ma spero di poterla riprendere al più presto”.
Il fabbro nel tempo
I tempi oggi sono cambiati e i manufatti in ferro battuto, anche per il costo ed il valore che hanno, sono diventati una forma d’arte, un articolo da esposizione oltre che d’arredamento. Oggi le botteghe dove il ferro viene forgiato a fuoco rischiano di scomparire per mancanza di committenza e di operatori specializzati. Basta invece andare ai primi decenni del secolo scorso per accorgersi che il fabbro era considerato un mestiere fondamentale, oltre che creativo e avere maestri capaci di lavorare a caldo il metallo e forgiarlo in maniera plastica era determinante per l’economia cittadina. Nella Venezia della metà del XI secolo i “favari”, i fabbri, erano anzi costretti a prestare gratuitamente la loro opera per tutte le necessità del Governo di Palazzo Ducale. D’altra parte, tutte le altri arti si servivano degli strumenti da loro fabbricati.
Il ferro battuto come arte
L’arte del ferro battuto ha fatto sempre parte delle tradizioni artigianali veneziane e venete ma solo nel corso del ‘700 fu utilizzata anche con finalità decorative e non più unicamente per realizzare oggetti di stretta necessità come ad esempio l’utensileria (mannaie, seghe, accette, scalpelli, lucchetti, chiavi, serrature e cardini o ferramenta da nave). Uno splendido esempio della rivalutazione del ferro battuto a forma d’arte sono le cancellate, le inferriate e le balaustre delle maestose Ville Venete che impreziosiscono ancora il nostro territorio.
Un’eredità fatta di vecchi strumenti e di antiche tecniche
Di quella tradizione, che perpetua nel tempo mantenendo vive le antiche tecniche tramandate dalla famiglia unendo l”utile e il dilettevole”, l’oggettistica e la creazione artistica, Jonathan Ceolin è prezioso testimone ed erede. Così come la sua bottega/laboratorio, con i suoi piombi, le “sgubbie” (sgorbie), ribattini (sistema di fissaggio meccanico), chiodi, incudine e martello.
Grazie per aver messo in evidenza un maestro artigiano che a Venezia, lavora il ferro battuto. Queste tradizioni vanno conservate e valorizzate. Complimenti al maestro Ceolin!
È un piacere constatare che l’arte fabbrile ESISTE! W l’incudine!