Ci sono attività imprenditoriali che chiudono. Ma molte altre che resistono. Negozi storici, che sono nei decenni diventati veri e propri punti di riferimento in città. Ognuno, con le proprie competenze e nel proprio settore, ha saputo evolvere nel tempo, rinnovandosi, mantenendo qualità e passione, tramandate per generazioni.
Metropolitano.it è andato a scovarle tra le vie di Mestre e le calli di Venezia.
La terza generazione degli Aliani è rappresentata da un dottore in Economia e commercio. Laurea a Ca’ Foscari e tesi sui mercati finanziari.
Ma Filippo Aliani non fa il money manager in un grattacielo a Londra (dove peraltro ha conseguito un Master), a Milano o a Manhattan.
Filippo Aliani non è un Gordon Gekko della laguna. Vende formaggi. Come Giuliano, suo padre, e come Albino, suo nonno, casaro, approdato a Venezia nel 1936 con una precisa idea.
Far comperare ai veneziani il suo Parmigiano e lanciare un prodotto fino ad allora ben poco introdotto in città.
Obiettivo raggiunto: ancora oggi Aliani-Casa del Parmigiano è meta obbligata per chi cerca qualità e servizio. Sempre nello stesso posto, sempre con gli stessi metri quadrati.
Ventiquattro nel cuore di Rialto, in campo Bella Vienna.
Nel cuore commerciale di Venezia
“Ancora negli anni ‘80 qui c’era il mercato con i grossisti e un brulicare di gente e di affari – ricorda Giuliano sempre al banco con la moglie Bruna – Una sede ideale”.
In effetti se n’è andato il mercato, Aliani è rimasto e la gente fa la coda per entrare in quel rettangolo di negozio che negli anni ha visto cambiare solo la disposizione del banco.
“Dietro” quello che vede il pubblico non c’è molto di più e neppure al primo piano, ma ora, dopo la lunga e tormentata vicenda della vendita da parte del Demanio, anche quel “dietro” e quel “sopra” è tutto della famiglia.
“Nessuno ci manda via, Aliani-Casa del Parmigiano è qui per rimanere” afferma con soddisfazione Filippo che dopo la laurea non ha avuto dubbi: “La finanza può attendere, prima l’azienda”.
Attivi dal 1936. Tutto iniziò con nonno Albino
E pure lui è ancora lì a servire quei clienti che si erano mobilitati per difendere questo pezzo di commercio veneziano che rischiava di perdersi o scomparire.
“Siamo qui dal 1936, come conferma una registrazione ufficiale, e il timore che tutto finisse ha fatto sì che la gente, la nostra clientela, dimostrasse riconoscenza e affetto per un valore che poteva andare disperso – racconta Filippo – Almeno voi non dovete andarvene, ci dicevano. Una signora di 90 anni ormai su sedia a rotelle, nostra storica cliente, si fece accompagnare qui per testimoniare la sua solidarietà”.
Battaglia vinta “per i nostri dipendenti e per la città”.
Troverete sempre al suo posto questo “bianchissimo” negozio di formaggi e salumi pregiati.
Già, ma non è stato sempre così.
Fino all’apertura delle licenze, chi vendeva formaggi solo quelli poteva vendere. Prosciutti e in genere carni di maiale erano per i “luganegheri”, neppure per i macellai.
Albino faceva arrivare in peata dallo scalo ferroviario della Marittima le sue forme di Parmigiano.
La merce si pesava in riva a fianco del mercato e poi arrivava sul banco.
E la gente si accalcava in quei pochi metri quadri per comperare un formaggio “dal produttore al consumatore”.
Oggi si direbbe a “chilometrozero” se non fosse per il viaggio prima in ferrovia e poi in barca sul Canal Grande.
La qualità alternativa al volume della grande distribuzione
“Un concetto di qualità che vale ancora oggi – spiega Filippo Aliani – e che mio padre Giuliano ha adottato fin da subito intuendo che sarebbe stato impossibile competere con la grande distribuzione in termini di volume. Dovevamo trovare una strada alternativa e capace di creare valore”.
Così Giuliano, al tempo affiancato dal fratello Bruno, iniziò a stringere accordi con i produttori, anche all’estero, Francia e Spagna soprattutto.
Una risposta vincente e un modo diverso di “essere negozio”, capace di attirare e fidelizzare la clientela.
“Con mio padre – dice Filippo – ogni anno visitiamo importanti fiere dell’alimentare per un’attenta ricerca di prodotti e per questo siamo conosciuti e apprezzati”.
Come negli anni ‘50 e ‘60 quando in quel negozio gremito di massaie, si facevano vedere gli avvocati e anche qualche magistrato: l’entrata del Tribunale è a pochi passi. Pure dei sindaci conoscevano bene la strada per la Casa del Parmigiano, e mentre la città cambiava e molti veneziani diventavano “di terraferma” soprattutto dopo l’acqua alta del 1966, altri veneziani diventavano clienti.
“C’è una comunità di americani, di inglesi residenti. Hanno scelto di vivere a Venezia e hanno imparato dai “vecchi” veneziani, vengono qui”.
Anche in tempo di covid. Entriamo contingentati in negozio e accanto ci ritroviamo una signora francese che abita in città e vuole tutto sottovuoto.
Poi c’è il giovane papà veneziano accolto da un saluto confidenziale.
Alla cassa, con lo sguardo che sembra un radar, c’è Francesca, moglie di Filippo; al banco lavorano anche i due collaboratori storici Daniele e Luca. E Giuliano e Bruna con Filippo.
A osservare sei persone che tagliano, pesano, confezionano e contano in pochi metri e senza “incidenti” c’è da non crederci.
Ma è così che anche questo negozio storico della città d’acqua ha saputo resistere e rilanciare, conquistando la certezza dal punto di vista immobiliare che vale un “future” sulla sua continuità e, nel 2017, l’iscrizione nell’elenco dei Luoghi storici del Commercio della Regione del Veneto.