Tre anni fa, durante il Venice Go Green, qualcuno affermava: “oggi è cambiato tutto. Si può fare tutto. Basta avere la buona volontà”. Mobilità sostenibile, energie rinnovabili, nuovi modi di vivere: quell’oggi è ancora più presente.
E nella storica Venezia le chiavi del futuro, nel mondo che si prepara a combattere il cambiamento climatico, sono l’energia elettrica e i nuovi scafi ecosostenibili.
La Città sull’Acqua, unica al mondo, nella sua fragilità può diventare simbolo e ispirazione per tutti, e i suoi marinai lavorano per questo.
Pietro Tosi: il pioniere del motore elettrico
Pensare a una barca alimentata a energia elettrica può ancora sembrare strano. Ma non per Pietro Tosi che, fin da bambino, in tempi assolutamente non sospetti, una cinquantina di anni fa, ha iniziato a smanettare su motori elettrici.
“Quand’ero ragazzo mi divertivo a prendere i motori dei frigoriferi per installarli sulle barche. Il problema, allora, era la batteria, non ricaricabile e in piombo. I motori, ieri come oggi, non sono tanto dissimili; ciò che è cambiato, oggi, sono la tecnologia e l’elettronica”.
Pietro Tosi negli anni di imbarcazioni elettriche ne ha create diverse.
L’ultima, l’ha presentata oggi (20 dicembre ndr) e, in onore della sua città, che l’ha premiato lo scorso anno come pioniere delle imbarcazioni sostenibili, l’ha chiamata “La Veneziana”.
La modernità nella tradizione
“Si tratta di una Topetta a vela (o remi) tradizionale, lunga 7,2 metri e larga 1,8 metri, in vetroresina con rivestimento in mogano – spiega Tosi – Al centro della chiglia, un motore elettrico con batteria a ricarica fotovoltaica”.
La tradizione di una tipica imbarcazione da diporto della città che si lega quindi all’innovazione, dimostrando che la sostenibilità, anche nella nautica, parte dalle azioni e dagli usi di strumenti quotidiani.
“La Veneziana” segue la realizzazione di “Cargo 31“, imbarcazione europea dell’anno full electric, insignita del titolo di “Barca ecologica dell’anno 2020“.
Inoltre, Tosi ha progettato anche Studio 43, pensata appositamente per il trasporto di opere d’arte in quanto climatizzata, anch’essa dotata di pannelli fotovoltaici ed elettrica.
Pierfrancesco Dal Bon: dalla vetroresina ai polimeri riciclabili
Anche le parole ‘plastica’ e ‘acqua’, se accostate, potrebbero far storcere il naso. Ma non quando si parla di imbarcazioni. L’intuizione del timoniere Pierfrancesco Dal Bon, dopo anni passati in acqua a regatare – ha fatto parte dell’equipaggio del Moro di Venezia in Coppa America nel 1992 e della storica imbarcazione è oggi lo skipper – è stata quella di sostituire la vetroresina, materiale non smaltibile, non riciclabile e nocivo, con polimeri plastici.
“Il sogno era di regalare un container con 1000 barche in materiale plastico al continente africano, dove non sono esperti di navigazione” racconta Dal Bon. Il sogno, oggi, potrebbe cambiare le sorti della navigazione.
“I materiali polimeri hanno tutti i vantaggi possibili: non hanno bisogno di stampi per essere prodotti come la vetroresina, e sono quindi più economici. Sono leggeri e quindi galleggianti. La saldatura delle lastre non è tossica. Difficilmente si rompono e sono facilmente riparabili; non c’è bisogno di sostanze antivegetative e sono riciclabili al 100%” spiega, semplicemente, il timoniere.
Il primo progetto ha visto le realizzazione di un Optimist, una barca monoposto usata solitamente nelle scuole di vela. L’imbarcazione, provata anche dal campione mondiale a squadre di categoria, il giovane Alex Demurtas, ha suscitato l’interesse degli addetti ai lavori.
L’Optimist è stato realizzato grazie alla collaborazione con Andrea Galuppo e Luca Cavallin, ingegneri navali per lo studio S.T.S. Ship Technical Service di Marghera. L’evoluzione della barca monoposto è stata un Open di circa 5,5 metri (e largo 2) che prevede un motore fuoribordo che possa essere sia a scoppio, che elettrico.
“Il problema dell’elettrico – spiega Pierfrancesco Dal Bon – è la durata delle batterie: un’ora e mezza di autonomia non basta, per esempio, a navigare attraverso Venezia, e la ricarica impiega ore. Bisognerebbe installare molte bricole ricaricanti lungo i canali, o pensare di utilizzare le batterie come i cavalli di una volta: una volta esauste, si cambiano”.
La nautica è un passo avanti. Ora mancano le norme
“A oggi – continua Dal Bon – stiamo cercando delle sovvenzioni europee che ci possano aiutare nel progetto. Non c’è nessun regolamento che vieti l’utilizzo di queste imbarcazioni. Il problema è la sfida alla cultura tradizionale delle barche”.
Lo stesso problema avvertito anche da Pietro Tosi: “I motori elettrici ancora non sono autorizzati alla navigazione; inoltre, il mio gruppo di lavoro è l’unico che si occupa della costruzione di motori elettrici. Serve cambiare la cultura della gente, anche tramite nuove regole e colonnine ricaricabili”.
Una città proiettata verso il futuro
Il motore elettrico di Pietro Tosi e lo scafo di Pierfrancesco Dal Bon sono solo i più recenti passi di una città, Venezia, che si muove in questo senso da molti punti di vista: dal biocarburante derivante dalle microalghe e dall’olio alimentare (75 mila tonnellate di olio trasformato in biodiesel, usato dai mezzi pubblici per spostare 160 barche lungo i canali lagunari) alle prime, timide bricole che non servono più solo a fermare le barche, ma anche a ricaricarle. Venezia, come se fosse una città d’asfalto, si dota di tecnologia green, cambia il suo rapporto con l’ambiente e mette in campo nuove energie nel tentativo di salvare il proprio ecosistema. Sulle sue strade d’acqua, naviga verso questo obiettivo, affinché “tutto cambi, perché tutto resti com’è”.
Damiano Martin
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