La stima è ancora del tutto provvisoria. Ma il presidente del Veneto, Luca Zaia, ammette che sulla sua scrivania «c’è già mezzo miliardo di danni contabilizzati in tutta la Regione e la partita è tutt’altro che chiusa». 500 milioni che si aggiungono al miliardo di euro nella sola città di Venezia. Perché la settimana meteorologicamente più difficile ha colpito prima di tutto Venezia e le sue isole, ma purtroppo non solo.
Il Lemene e il Veneto Orientale
La situazione è problematica già nell’entroterra del Veneto Orientale. Nei vari comuni del Veneziano ai confini col Friuli (da San Michele a Teglio Veneto, da Concordia a Gruaro e Portogruaro) è il fiume Lemene ad aver creato i maggiori disagi. Un fiume piccolo, ma tortuoso, che esondando ha costretto all’evacuazione di diverse case. In certi tratti, la situazione è molto simile all’alluvione del 2010. E avrebbe potuto essere ancor più seria se non si trattasse di un territorio a bassa densità abitativa. Anche qui, comunque, Vigili del fuoco, Protezione civile, tanti volontari e gli stessi abitanti continuano a lavorare per tornare quanto prima alla normalità.
L’erosione della spiaggia di Bibione
Quasi tutto il litorale veneto fa parte del territorio della Città metropolitana di Venezia. La prima spiaggia che si incontra, partendo da est, è quella di Bibione. La mareggiata ha cancellato almeno 1.500 postazioni che, in estate, vengono occupate da ombrelloni. Ma non solo. La forza delle onde ha portato via anche numerosi sottoservizi, dalla fibra ottica alle fognature, dalle docce ai vialetti d’accesso.
E se Bibione era nota come la spiaggia più larga del Veneto, al momento non sarebbe più possibile ospitare in riva al mare campi da calcio regolamentari. Sono stati portati via dall’acqua circa 100.000 metri cubi di sabbia: più o meno metà di quella presente in precedenza.
Jesolo, Pellestrina e il Lido
Al di là dell’erosione, i danni più visibili, a Jesolo, sono stati quelli legati al caratteristico lungomare. Quasi un chilometro della passeggiata, quello più vicino alla foce del Piave a est, non esiste più. Letteralmente spazzato via dal mare.
L’isola di Pellestrina è ormai divenuto il simbolo riconosciuto della seconda acqua alta della storia. Una sottilissima striscia di terra, che è stata colpita dalla Laguna da una parte e dal mare dall’altra. Qualche chilometro più a nord, al Lido, le dune di sabbia costruite dai gestori degli stabilimenti a protezione delle capanne non ci sono più. Come diverse delle stesse capanne. Il problema aggiuntivo, qui, è dato dalle quantità di materiale che il mare ha scaricato sulle spiagge stesse e di fronte ai Murazzi.
La forza dell’uomo contro il mare
L’erosione è il tratto comune dell’intero litorale veneziano. Le situazioni di Caorle ed Eraclea, Cavallino e Sottomarina sono quindi similari, ognuna con le proprie peculiarità.
Così come la risposta della gente e degli operatori turistici per far fronte all’emergenza non è differente, da est a ovest. Tutti si sono rimboccati le maniche per cercare di riportare la situazione quanto prima alla normalità.
Ripascimento prima della stagione estiva
La stagione balneare sembra lontana ma è molto più vicina di quel che si possa pensare. All’estero, le ferie estive si iniziano a programmare già verso Natale dell’anno precedente. Il turismo, prima industria veneta con 32 milioni di presenze e 9 miliardi di euro di fatturato, va dunque salvaguardato. In particolare quello delle spiagge, da cui derivano la metà di questi numeri. La risposta definitiva si chiama allora ripascimento. Un intervento che la Regione ha garantito sarà effettuato nei tempi necessari.