Non solo una ricorrenza. VajontS, con il plurale inglese, vuole essere anche la memoria che avvisa.
Il 9 ottobre, oltre 100 teatri e luoghi civili ospiteranno in simultanea 350 rappresentazioni dello spettacolo “Il disastro del Vajont” di Marco Paolini
“Quanto vale un metro cubo d’acqua?”
“Quanto pesa un metro cubo d’acqua?”
Mille chili, una tonnellata. Moltiplicati per i milioni di metri cubi che la notte del 9 ottobre 1963 scavalcarono la diga del Vajont radendo al suolo nella sottostante valle del Piave i comuni di Longarone, Pirago, Faé, Villanova e Rivalta.
Una colonna d’acqua provocata dai 270 milioni di metri cubi di roccia del monte Toc, scagliatisi a 100 km/h sui 115 milioni di metri cubi d’acqua del lago artificiale, la quale cancellò i borghi limitrofi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino e parte del comune di Erto, sulla sponda friulana della valle.
1910 morti, 1300 dispersi.
9 Ottobre 1963 -9 Ottobre 2023
“Quanto pesa un metro cubo d’acqua?”.
Con questa domanda inizieranno i cori di oltre 100 teatri italiani e circa 350 rappresentazioni civili per ricordare la tragedia della diga del Vajont.
Rappresentazioni e letture collettive, in simultanea, il prossimo 9 ottobre 2023, a sessant’anni dalla catastrofe, non solo per ricordare il fatto, ma per ammonire le generazioni presenti di quanto la negligenza, la superficialità e l’avidità possano creare disastri immani: nel 1963 nella valle del Piave, oggi durante la crisi climatica.
L’iniziativa, promossa dal collettivo La Fabbrica del Mondo e Jolefilm, arriva dall’attore e autore Marco Paolini e dal suo monologo teatrale “Il disastro del Vajont”, portato in scena per la prima volta il 9 ottobre 1997 sul luogo della tragedia (e in contemporanea diretta televisiva nazionale).
Il testo, riscritto insieme a Marco Martinelli, è diventato una versione corale resa disponibile a chiunque abbia voluto partecipare all’iniziativa Vajonts23: da Bolzano a Palermo, in ogni regione italiana verrà riportato su palchi e luoghi civili la storia della diga, dalla sua ideazione a tutte le avvisaglie che annunciavano, invano, il pericolo.
Tanti i nomi noti dello spettacolo per ricordare la tragedia del Vajont
Lo stesso Marco Paolini porterà lo spettacolo al teatro Strehler di Milano; Gabriele Vacis, nel 1997 regista dello stesso, sarà presente a Torino con la compagnia PEM; a Roma, tra gli altri, saliranno sul palco Piero Sermonti, Isabella Ferrari e Neri Marcoré; a Genova Luca Bizzarri ed Elisabetta Pozzi.
Tra Padova e Venezia parteciperanno Ottavia Piccolo, Giuliana Musso, Maria Roveran, Sandra Toffolati e Diego Ribon e ancora nei punti della rete ci saranno Mario Brunello, Ascanio Celestini, Antonio Catania, Donatella Finocchiaro, Valerio Aprea.
Gli spettacoli sono previsti in orario serale; alle 22.39, orario esatto in cui il costone del monte Toc iniziò a franare, tutti si fermeranno simultaneamente.
Accanto ai grandi nomi e ai grandi teatri ci saranno soprattutto le piccole realtà e le persone comuni, dai comuni ai centri parrocchiali, dalle scuole ai collettivi laici.
Un grande movimento sociale mosso dalla memoria della tragedia che andrà a ripercorrere insieme tutte le coincidenze che hanno portato al disastro: la superficialità posta sui rilievi geologici, le forzature dettate dall’ambizione di rendere operativa “la più grande diga del mondo”, il rischio giocato sulla pelle di ignari contadini e montanari della provincia di Belluno, i quali nella loro semplicità avevano intuito che qualcosa di sbagliato c’era.
Quei metri cubi d’acqua che pesarono la vita di migliaia di innocenti
Verranno ricordate le figure che hanno giocato un ruolo chiave nella vicenda: dall’ingegner Carlo Semenza, padre del progetto, al geologo Giorgio Dal Piaz, ignaro – non per questo innocente – co-protagonista, a Giuseppe Volpi e la sua SADE, Società Adriatica Di Elettricità, prima colpevole della catastrofe. Fino a Tina Merlin, giornalista dell’Unità osteggiata fin dall’inizio: già il 21 febbraio 1961 denunciava con un articolo la possibilità di una frana nel bacino, quando questa ancora si poteva evitare mantenendo inutilizzato.
Il suo libro Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso Vajont trovò un editore solo nel 1983, quando non venne ritenuta più “scomoda”.
A sessant’anni di distanza sappiamo che quei metri cubi d’acqua pesarono la vita di migliaia di innocenti, di decine di comuni e frazioni cancellati dalle carte geografiche.
Nel 1963 l’eccesso di acqua e la negligenza di alcuni cancellarono la vita di molti; nel 2023 l’acqua rischia di diventare, quando non lo è già, un bene scarso e prezioso, per la stessa negligenza e superficialità di pochi. Vajonts23 vuole essere anche questo: la memoria che avvisa, e prepara, al futuro che verrà.
Damiano Martin
Io nel 63 avevo quasi dieci anni e frequentavo la quinta elementare in una piccola frazione del Comune di Lecco. Mi ricordo che la nostra maestra Graziella ci fece portare indumenti e coperte che poi, messi in più scatoloni spedimmo a Longarone. Come ringraziamento Ezio e Flaviana (così si firmarono due bambini sopravvissuti) ci mandarono una cartolina che ancora adesso custodisco gelosamente. Grazie .
Si può ripetere io osizionerei un osservatorio sulle sponde del lago diga artificiale di Calmpotosto in regione Abbruzzo tra L’Aquila ed Amatrice