L’Europa è pronta. L’Italia anche.
È imminente l’inizio di quella che è stata definita da più parti “la più grande campagna vaccinale mai effettuata” nella storia.
La somministrazione del siero Pfizer-BioNTech contro il Covid-19, etichettato con l’impronunciabile nome di BNT162b2, potrebbe infatti cominciare già negli ultimi giorni del 2020.
Già a partire dal 27 dicembre, ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza “se tutte le procedure di verifica sul vaccino da parte di Ema e di Aifa saranno completate”.
L’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, ha infatti anticipato al 21 dicembre l’ incontro straordinario del Chmp, il Comitato per i medicinali per uso umano, per l‘autorizzazione del nuovo vaccino.
Un anticipazione, rispetto alla riunione del 29 dicembre (che resta comunque in calendario in caso di necessità), con un obiettivo: ridurre il più possibile i tempi per il via libera all’uso del vaccino contro il coronavirus.
Sempre fermo restando che questo arriverà, come precisa l’Ema, “solo una volta che i dati su qualità, sicurezza ed efficacia del vaccino siano sufficientemente solidi e completi per determinare se i benefici superano i rischi”.
La campagna vaccinale in Italia e in Veneto
Dopo l’autorizzazione dell’Ema è attesa anche quella dell’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco.
La struttura commissariale per il Covid ha intanto concordato con le Regioni la ripartizione delle prime 1.833.975 dosi della prima fornitura riservata da Pfizer all’Italia.
Il Veneto, con 164.278 dosi (a fronte di una richiesta di circa 185 mila), è la quinta regione per numero di dosi riservate, alle spalle di Lombardia (prima con 304.955), Emilia-Romagna (183.138), Lazio (179.818) e Piemonte (170.995).
La vaccinazione: come funziona
Il vaccino Pfizer-BioNTech ha già avuto il via libera sia negli Stati Uniti che in Inghilterra. Come si apprende dalle informazioni fornite dal sito del Ministero della Salute britannico, per arrivare al siero definitivo, che attende adesso il nulla osta all’utilizzo, sono stati ovviamente effettuati studi clinici per valutarne l’efficacia. Pfizer-BioNTech ha in particolare effettuato due sperimentazioni. La prima ha visto la partecipazione di un campione di 60 partecipanti, tra i 18 e i 55 anni.
Il secondo studio si è invece basato su un campione più ampio, di circa 44.000 persone, di almeno 12 anni di età.
La prima conclusione a cui si è arrivati è che, almeno inizialmente, la vaccinazione sarà riservata solo a coloro che hanno più di 16 anni. Questo in attesa di stabilire con certezza sicurezza ed efficacia nei soggetti under 16.
Il siero viene inoculato tramite iniezione intramuscolare nel deltoide della spalla.
Per ottenere la protezione dal virus nel soggetto vaccinato è necessario ripetere la somministrazione dopo 21 giorni dalla prima. E, in ogni caso, il paziente non sarà protetto prima di 7 giorni dalla seconda dose. In sostanza, ciò che viene iniettato è un “rna messaggero modificato” in grado di stimolare sia gli anticorpi neutralizzanti che la risposta immunitaria cellulare.
Il vaccino: conservazione e preparazione
Il farmaco ha una durata massima di 6 mesi, durante i quali va conservato tra -80 e -60 gradi. In tal senso, la Regione Veneto ha già provveduto all’acquisto di 6 mega refrigeratori in cui saranno conservate le dosi di vaccino. Fermo restando che, una volta scongelato, il siero non può più essere ulteriormente ricongelato, prima del suo utilizzo la fiala va portata a una temperatura tra 2 e 8 gradi.
A questa temperatura, il vaccino può resistere fino a 5 giorni. In alternativa, sempre non diluito, fino a 25 gradi è possibile effettuare la diluizione per l’uso entro massimo 2 ore.
Il contenuto della fiala, prima di essere somministrato, deve essere infatti diluito in una soluzione di cloruro di sodio iniettabile. In tal modo, da ogni singola fiala è possibile ottenere 5 dosi da 0,3 ml. Queste, però, vanno iniettate entro 6 ore dall’avvenuta diluizione.
Le controindicazioni e gli effetti collaterali
Sono pochi i casi in cui è sconsigliata la vaccinazione. I principali riguardano coloro che hanno già manifestato una reazione allergica immediata a un vaccino, un medicinale o un cibo.
Logicamente, questo ragionamento è ancor più valido, riguardo alla seconda dose, quando tale reazione si sia verificata nel soggetto dopo la prima somministrazione del siero anti-Covid. Così come è logico che, trattandosi di un’iniezione, possono presentarsi dei problemi in caso di pazienti con malattie emorragiche o sottoposti a terapie anticoagulanti. In caso di malattie febbrili acute gravi, la vaccinazione va invece solo posticipata. Riguardo le persone immunocompromesse, l’unico rischio è quello di avere una risposta immunitaria ridotta.
Per quanto riguarda gli eventuali effetti collaterali, tra le reazioni avverse più frequenti vi sono la nausea e il dolore nel punto in cui viene effettuata l’iniezione, che si presenta nell’80% dei casi. Più della metà (60%) dei soggetti presenta inoltre affaticamento e nel 50% dei casi mal di testa.
Sintomi più rari sono dolori muscolari (verificatisi in 3 soggetti su 10), brividi (30%), dolori vari (20%) o febbre (10%). Si tratta comunque di fenomeni di intensità lieve o moderata e risolvibili in pochi giorni. Se necessario, non è precluso il ricorso ad antidolorifici o farmaci contro la febbre come il paracetamolo.
Le tre fasi
La campagna vaccinale sarà organizzata in tre fasi. Nella prima, coperta con la prima fornitura di siero, il vaccino sarà somministrato al personale sanitario pubblico e privato e agli ospiti delle case di riposo.
È poi attesa, nelle prossime settimane, una seconda fornitura, di 2.507.700 dosi complessive per l’intero Paese. Queste serviranno per la seconda somministrazione ai soggetti già vaccinati prioritariamente e per avviare la seconda fase, destinata alla popolazione più fragile. Si tratta in particolare, sempre su base volontaria, degli over 60, dei lavoratori dei servizi essenziali e delle altre categorie a rischio. La campagna si concluderà, probabilmente entro giugno, con la terza e ultima fase, destinata a tutti gli altri soggetti che faranno richiesta di vaccinazione.
La prima vaccinata italiana
In Inghilterra, la vaccinazione è stata avviata con una strategia simile a quella che sarà adottata nel resto del Vecchio Continente. Si è cioè partiti, dai primi di dicembre, alla somministrazione del vaccino agli anziani e ai lavoratori più esposti al virus, come i sanitari.
Vi è dunque già una nostra connazionale, un’infermiera modenese di 30 anni trasferitasi a Londra da 6, che si è sottoposta all’iniezione della prima dose di siero.
Elena Baraldi rientra infatti in una delle categorie maggiormente a rischio di contagio.
Svolge cioè il suo lavoro in prima linea nel pronto soccorso del Croydon University Hospital della capitale britannica. Qui si occupa in particolare della ventilazione e dei caschi necessari per consentire ai pazienti in codice rosso di respirare. E, raccontando la sua esperienza di vaccinata, ha dichiarato a un giornale della sua città di origine di non aver risentito di effetti collaterali dopo aver ricevuto la dose di vaccino.