Con la campagna di vaccinazione in corso a livello mondiale per bloccare la pandemia, l’inoculazione di alcuni sieri, sia pur in casi rari, ha provocato problemi di coagulazione.
E’ accaduto con i vaccini AstraZeneca e Janssen di Johnson&Johnson, che tanto hanno fatto parlare al punto di arrivare in alcuni paesi alla sospensione temporanea o definitiva della somministrazione, come nel caso della Danimarca per il vaccino Janssen.
I problemi che si sono verificati in casi isolati potrebbero essere dovuti al metodo utilizzato per portare nelle cellule le “istruzioni” per produrre la proteina del virus Sars-Cov-2.
La scoperta del meccanismo che crea rischio coaguli arriva da uno studio della Goethe University di Francoforte.
Lo studio su AstraZeneca e Janssen
Si tratta per ora di una bozza di articolo scientifico derivante dalle ricerche degli studiosi sui due vaccini.
La teoria al momento è stata verificata con dei test di laboratorio e attraverso dei software.
I rari problemi di coagulazione provocati dai due vaccini, spiegano i ricercatori, si possono risolvere rimodulando i vaccini. Ma perché si verificano?
Il vaccino, secondo gli studiosi della Goethe University, rilascerebbe una sequenza del Dna che serve a produrre la proteina del Sars-Cov-2 nel nucleo della cellula e non nella parte esterna (citoplasma) come invece fanno quelli che agiscono tramite inoculazione di frammenti di mRNA nelle cellule umane, le quali vengono indotte a produrre antigeni di organismi patogeni o antigeni tumorali, che poi stimolano una risposta immunitaria adattativa.
Una volta dentro, una parte di questo Dna si “rompe” e i frammenti vengono espulsi dal nucleo finendo nel sangue e provocando i coaguli.
Coaguli nel sangue: un caso ogni 100 mila persone
In Gran Bretagna episodi che riguardano i vaccini AstraZeneca e Janssen di Johnson&Johnson sono stati riscontrati in 309 persone su 33 milioni di vaccinati, con 56 morti.
In Europa, invece, sono 142 le segnalazioni su 16 milioni di immunizzati, vale a dire circa 1 persona ogni centomila.
Sempre secondo lo studio dei ricercatori di Francoforte, il problema può essere risolto “rimodulando” i vaccini in questione, vale a dire cambiando le sequenze che codificano la proteina spike, il principale meccanismo che il virus utilizza per infettare le cellule bersaglio, per prevenire le reazioni indesiderate.
Silvia Bolognini