La Procura di Biella ha bloccato un altro lotto (il numero 5811) di vaccino anti-Covid di AstraZeneca distribuito in Italia. Si tratta di un secondo intervento precauzionale, in attesa di verificare se vi siano o meno dei nessi, come causa o concausa, tra la somministrazione del siero e la morte sospetta del soggetto che ha ricevuto la vaccinazione.
«Non abbiamo al momento evidenze – ha rassicurato il presidente della Regione, Luca Zaia – di particolari reazioni avverse dopo le somministrazioni effettuate in Veneto».
Il lotto 5811 e il Veneto
Al momento, non c’è stato nessun intervento dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco. Sono stati i Nas, nella mattinata di lunedì 15 marzo, a notificare il provvedimento alle Regioni, bloccando le dosi residue. È quanto avvenuto, ad esempio, in Veneto, come ha reso noto Zaia. Le dosi del lotto arrivate in Veneto sono 41.300, di cui 20.952 sono state già utilizzate. E sono coinvolte tutte le Ulss, tranne la “1” Dolomiti e la “9” Scaligera.
«Pur trattandosi di un intervento precauzionale – ha commentato il presidente del Veneto – bisogna fare veloci a capire se il vaccino c’entra o no con la morte. Perché si tratta di un nuovo duro colpo, che non aiuta a essere credibili sul fronte delle vaccinazioni. Avevamo già iniziato il decollo della campagna, ma negli ultimi tre giorni sono arrivate mazzate una dietro l’altra».
La frenata sulle vaccinazioni
Il caso-AstraZeneca ha infatti determinato una brusca frenata della campagna vaccinale. Da sabato, si parla di almeno un 50% di defezioni.
«Siamo imbarazzati: resta la volontarietà della vaccinazione – ha sottolineato Zaia – ma chiedo che chi decide di fare un passo indietro almeno chiami il centralino e disdica la prenotazione. Stiamo pensando a che misure prendere per chi non lo fa e abbiamo preso in considerazione anche l’ipotesi di metterli alla fine della coda. Questo perché riteniamo che un’equa possibilità di vaccinazione vada garantita a tutti».
Sul fronte vaccinale, la Regione ha intanto incontrato categorie economiche e sindacati per illustrare il protocollo sulle vaccinazioni in azienda. È stato confermato che l’opportunità sarà estesa a familiari e parenti dei lavoratori nella fascia d’età tra 60 e 80 anni. Per fine settimana sarà convocata una cabina di regia per passare all’operatività appena, probabilmente da aprile in poi, ci saranno dosi sufficienti.
Arrivano i monoclonali
Una buona notizia, sul fronte delle cure, arriva invece riguardo agli anticorpi monoclonali. Dopo l’autorizzazione del Ministero, è prevista per martedì 16 marzo la prima distribuzione di dosi. Su base nazionale, il contingente della prima fornitura è di 4.000 dosi, di cui 245 arriveranno in Veneto, con una seconda fornitura attesa per fine marzo.
Al costo indicativo di 1.500 euro a dose, i monoclonali saranno erogati gratuitamente a partire dai pazienti con una serie di fattori di rischio individuati dai medici di medicina generale sulla base del protocollo nazionale.
I criteri di selezione decisi dall’agenzia del farmaco pongono in prima fila obesi, cardiopatici e diabetici. Tra le caratteristiche richieste, la situazione di inizio sintomatologia, visto che la somministrazione è efficace se avviene entro 10 giorni dall’infezione, meglio se 5 o 6 giorni. Non necessitando di ricovero, la somministrazione avverrà a livello ambulatoriale in 12 centri infusionali già individuati in ogni Ulss, oltre a 7 sedi provinciali di stoccaggio. La somministrazione dura circa un’ora e richiede ulteriori 60 minuti di osservazione.
Le cure domiciliari
L’assessore regionale alla Sanità del Veneto, Manuela Lanzarin, ha anche fatto il punto sulle cure domiciliari. Sottraendo dai 355.155 positivi del 21 febbraio 2020 i 16.821 dimessi e i 10.116 deceduti, i positivi mai ricoverati in Veneto sono 329.940. Gli asintomatici sono il 52%, pari a 171.568. Il restante 48% di sintomatici non ricoverati sono dunque stati seguiti a domicilio, grazie alle cure erogate da Usca e medici di base.