Cosa si intende quando si parla della stretta relazione tra corretta alimentazione e salute? Ce lo spiega Stefano Realdon Gastroenterologo padovano, dirigente medico dell’Unità operativa oncologica, fervente sostenitore di questa teoria
Del collegamento tra salute e corretta alimentazione si parla in continuazione, anche in visione di un evento mondiale quale sarà l’Expo dell’anno prossimo. Ma si tratta di gusto, di benessere, di prevenzione o di reale terapia? Abbiamo pensato di chiederlo a uno dei massimi esperti del settore: il dottor Stefano Realdon, Gastroenterologo padovano, dirigente medico dell’Unità operativa oncologica. Laureato nel 1999 e poi specializzato in gastroenterologia nel 2006 sempre con il massimo dei voti, ha realizzato diverse pubblicazioni scientifiche per alcune delle quali ha ricevuto anche premi nazionali e internazionali tra cui nel 2008 il Basic Research Award come pubblicazione del miglior gruppo italiano. Ha lavorato prima come medico poi come dirigente in diversi ospedali del Veneto e del Friuli per poi approdare, appunto, a Padova.
Parliamo di corretta alimentazione. Dottor Realdon cosa si intende, o meglio, cosa intende lei per corretta alimentazione? «In sostanza può voler dire tutto e niente. Se lo chiede a medici diversi ognuno darà una risposta diversa. Io personalmente mi rifaccio alle linee guida fornite nel 2007 dal Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro WRCF, che poi son gli stessi concetti applicabili per la prevenzione di ictus e di molte altre malattie. Le basi sono ritornare alla vera dieta mediterranea con cereali, legumi, verdura, frutta, pesce e limitare gli alimenti lavorati industrialmente per prediligere quelli freschi. Ridurre gli zuccheri e limitare, che non vuol dire abolire, il consumo di alcool. Dal mio punto di vista bisognerebbe andare a fare la spesa con la propria bisnonna e non acquistare nulla che lei non riconosca come cibo».
Ma oltre al valore di prevenzione si può avere anche una funzione terapeutica vera e proria? «Non ci sono dati sufficienti ad oggi per sostenere a pieno questa tesi. È vero però che si è riscontrato un’importante incidenza nella prevenzione delle recidive tumorali. Questo è un ambito in cui si deve fare ancora molta ricerca, mentre nel campo della prevenzione i dati ormai sono molti».
Prevenire, al di là del benessere personale, può portare concreti risparmi per la sanità pubblica e per la società? «Incide pesantemente! Proprio all’inizio del mese di giugno l’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha emesso i dati rilevati dal Congresso svoltosi a Chicago dell’ASCO con specialisti provenienti da tutto il mondo. Nei prossimi 5 anni l’Italia potrebbe risparmiare 6 miliardi di euro se attuasse un serio programma di prevenzione. L’Europa nello stesso periodo addirittura 50. Secondo alcuni modelli matematici se nei prossimi anni i soldi sottratti alla sanità attraverso tagli pubblici venissero reinvestiti in prevenzione, si potrebbe arrivare a risparmi fino a 8 miliardi di euro. La stessa AIOM ha proposto che l’Italia nel semestre di presidenza Europea si candidasse come Capitale europea della prevenzione oncologica e questo deve transitare anche attraverso l’alimentazione. Pochi sanno che la dieta mediterranea è patrimonio dell’Unesco e ancora meno sanno che il tasso dei bambini sovrappeso in Italia cresce man mano che ci si sposta verso regioni più povere passando dal 25-33% del nord est al 40% della Calabria».
E questo a cosa è dovuto? «Esiste una correlazione dimostrata tra peggioramento di condizioni economiche e obesità. Perché aumenta l’utilizzo di cibo spazzatura e cibo industriale che ha costi inferiori. Ma è una questione anche culturale legata alla dipendenza di molte famiglie dalla pubblicità. Negli Stati Uniti ad esempio il 12 % dei bambini ha il diabete di tipo 2. In prospettiva si può già dire che questo comporterà un costo pesantissimo per la sanità pubblica. Anche in Italia e in Europa, se non si inverte la tendenza, la sanità non sarà in grado di sostenere i costi legati alla mancata prevenzione. Va ridisegnato il sistema sanitario nel suo complesso, ma è difficile per la classe politica essere lungimirante se un progetto di prevenzione dà meno lustro dell’acquisto di un macchinario di ultima generazione. Per questo è indispensabile avere una visione per almeno i prossimi 30 anni». Alcuni progetti che coinvolgono anche ragazzi nella scuola ci sono. Segnaliamo ad esempio l’iniziativa “Non fare Autogol” della stessa AIOM che, con alcuni calciatori di serie A, si è attivata per portare nelle scuole superiori informazioni su come condurre uno stile di vita sano riuscendo a contattare 7000 studenti complessivamente.
Un consiglio che si sentirebbe di dare? «Credo che serva investire nella corretta alimentazione e l’Italia se vuole riuscire a sostenere i suoi costi sanitari futuri dovrebbe tornare a investire nelle proprie radici. Questa è un’occasione per noi, ma potrebbe essere un’opportunità economica. In sostanza credo che Ippocrate avesse capito tutto quando sosteneva che ‘Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto, né in eccesso, avremmo trovato la strategia per la salute’».