Sottotenente Pietro Aldo Cacciola: un pilota dimenticato, un ragazzo ritrovato
«Un piccolo appezzamento agricolo della Riviera del Brenta presso Dolo. Poche case attorno. Giovedì 6 luglio 1944: nel primo pomeriggio di quel giorno assolato, poco più si settantacinque anni fa, uno schianto terribile sconvolge la piccola comunità che vive lungo il canale “Seriola”. Un aereo militare da caccia impatta sul terreno disintegrandosi. Un pilota perde così la sua giovane vita durante una missione di guerra».
Così Antonio Giacomini, autore di Un soldato con le ali (ME Publisher, collana Riviera al Fronte), che sarà presentato a Dolo, Squero monumentale, il 12 agosto, introduce la sua prima pubblicazione.
Tutto nasce dalla riscoperta di un piccolo e danneggiato cippo posto sulla riva del canale Seriola, circondato dall’erba così alta da renderlo introvabile. E’ nel campo vicino che, quasi ottant’anni, fa si schiantava al suolo l’ aereo pilotato dal sottotenente dell’aviazione della Repubblica Sociale Italiana Pietro Aldo Cacciola.
Una vicenda sulla quale nel tempo sono state costruite diverse leggende. Qualcuno sosteneva che il giovane avesse commesso un errore di pilotaggio dovuto alla scarsa esperienza di volo. Qualcun altro, invece, non aveva dato credito alla storia, lasciando cadere tutto nell’oblio. Ma quel cippo diroccato, anche spostato dalla collocazione originaria, ha destato la curiosità degli storici locali e soprattutto di Antonio Giacomini, che ha sconfessato entrambe le tesi.
La vera storia del sottotenente Cacciola
Il 6 luglio 1944 un caccia da combattimento Macchi MC 205 “Veltro”, uno degli aerei più potenti in dotazione alla RSI, si schiantava al suolo.
Lo pilotava un messinese, Pietro Aldo Cacciola, ragazzo di appena vent’anni, partito dalla sua base di Vicenza.
Leggenda vuole che l’aereo sia precipitato dopo che il giovane aveva compiuto delle straordinarie evoluzioni, andate drammaticamente male, per farsi notare dalle ragazze a terra.
Antonio Giacomini, appassionato di storia del volo fin da ragazzo e lui stesso paracadutista sportivo da molti anni, non ha mai creduto a questa versione.
Avviata una campagna di studi per comporre il puzzle, intervistate le famiglie della zona ed esaminati alcuni fondamentali documenti storici, arriva ad affermare che quel 6 luglio Cacciola è in realtà caduto in un’azione di guerra.
Saputo che una squadriglia di bombardieri americani, scortati dai caccia, era diretta su Porto Marghera, si alzò. Sapeva bene che non avrebbe mai potuto farcela contro la macchina da guerra della USAAF ma doveva cercare di infliggere più danni possibili. Inseguito da uno dei caccia, iniziò una battaglia che portò vittima e carnefice a compiere le leggendarie evoluzioni, fino al tragico epilogo con la morte del pilota messinese.
Il vecchio diario riemerso
Di tutto questo Giacomini fornisce prove concrete. Entrato in contatto con le famiglie che abitano vicine all’epicentro del disastro, è venuto in possesso del diario scritto da Armando Gentilin, all’epoca bambino. Lo scontro, lo schianto e il corpo straziato del povero Cacciola sono ancora impressi in quelle pagine sulle quali hanno trovato sfogo le emozioni di un fanciullo. Non sono gli unici ricordi che del giovane sottotenente hanno gli abitanti della zona. Il signor Luigi, altro testimone, ha potuto raccontare allo storico gli ultimi istanti di vita di Pietro Aldo e del suo drammatico “letto di morte”, tra i rottami del velivolo ancora fumanti su un campo vicino alla sua casa e al canale Seriola. Un punto di partenza fondamentale per iniziare l’indagine.
Bisognava studiare però anche le missioni compiute dall’aviazione alleata in quei giorni. Giacomini, dipendente del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, si è recato così a Roma, all’Archivio Centrale dello Stato, per rintracciare il fascicolo personale di Cacciola, il suo brevetto di volo, il suo addestramento, la storia personale e della famiglia.
Un passaggio fondamentale che permette di raccontare il contesto dei fatti, partendo dalle grandi trasvolate compiute da Italo Balbo arrivando poi alle missioni alleate in Italia e al 25 aprile del 1945. È con questa grande ricerca che la comunità rivierasca si riappropria di una storia, dolorosa, ma significativa, di quegli anni.
libro bellissimo dell’amico Antonio Giacomini scritto con magistrale e coinvolgente perizia, grazie Antonio!