Il porto è un sistema che genera economia, offre posti di lavoro e dà vita alla città. Lo hanno ribadito comunità portuale, lavoratori, imprese e Amministrazione comunale mobilitandosi insieme per mandare un segnale a Roma. In ballo ci sono importanti decisioni da prendere, attorno alle quali si gioca il futuro di Venezia.
“Il porto è lavoro. Il lavoro è vita. Ridateci i canali. Ridateci il lavoro”, ha urlato un manifestante al megafono, riassumendo i sentimenti dei presenti.
L’economia del porto di Venezia
Un recente studio, realizzato da Autorità Portuale e Camera di Commercio, ha quantificato che le aziende che operano nel sistema portuale di Venezia sviluppano un valore di produzione pari a 6,6 miliardi di euro. E i posti di lavoro sono 21.175. Le aziende che a Venezia sono direttamente coinvolte dalle attività portuali sono 1.260. Con 1,56 milioni di passeggeri movimentati, la nostra città è il primo homeport italiano nel settore delle crociere.
Bastano queste poche cifre per illustrare la dimensione di un movimento al tempo stesso solido e fragile. Solido perché l’impatto del sistema portuale sull’economia comunale e su quella metropolitana è rispettivamente pari al 27% e al 13% del totale. Un motore economico, insomma, fondamentale anche allargando la prospettiva a regione e Paese. Ma fragile perché le problematiche non mancano. E richiedono soluzioni decise a livello governativo.
Un manifesto per il Porto
In altri termini, il porto di Venezia funziona ma, in prospettiva, questa funzionalità deve continuare a essere garantita. Non scegliere su questioni di importanza cruciale può determinare ricadute negative e rischia di innescare conseguenze difficilmente riparabili. Per questo centinaia di lavoratori portuali, rappresentanti delle forze politiche e imprenditoriali hanno firmato un manifesto titolato “Il Porto è vita. Venezia è viva”.
Non c’è solo la ormai notissima vicenda dell’individuazione del passaggio alternativo a quello attraverso bacino di San Marco e canale della Giudecca per le grandi navi da crociera.
Non c’è solo il piano di recupero delle aree industriali di Porto Marghera. Ancor più urgente è la questione degli scavi dei canali, che riguarda tutte le attività legate all’acqua, pesca compresa. E si ricollega in maniera decisiva a quel nuovo “protocollo sedimenti”, per lo smaltimento dei materiali di scavo, che sembra ormai in dirittura d’arrivo, ma sul quale dal Governo ancora non è arrivata la fumata bianca.
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«Abbiamo voluto ricordare – ha dichiarato il sindaco Luigi Brugnaro, primo firmatario del manifesto – che i canali, a Venezia, vanno scavati. È un ennesimo sollecito al Governo, al quale chiediamo, con tutto il rispetto, di dare veramente un’accelerata. Dopo l’alluvione del novembre scorso – ha ricordato– abbiamo chiesto che oltre al completamento e alla messa in opera del Mose, fosse rifinanziata la Legge speciale per Venezia. Servono 150 milioni di euro ogni anno, per un decennio, secondo i nostri calcoli, per compiere opere improcrastinabili, e attese da tanto tempo. A cominciare proprio dall’escavo dei canali, che devono essere riportati al limite di profondità fissato, ovvero di almeno 12 metri“.