I resti, trovati nella Grotta delle Mura, a Monopoli, in Puglia
La scoperta si deve a una ricerca internazionale guidata dalle Università di Bologna, Siena e Firenze e ha portato alla luce sorprendenti dettagli sulla vita di un bambino vissuto circa 17 mila anni fa in Sud Italia. In Puglia, il team di archeologi dell’ateneo di Siena, condotto da Mauro Calattini, ha sequenziato quello che fino ad oggi è il genoma più antico scoperto in Italia. Quello appunto di un bambino morto circa 17 mila anni fa nel Paleolitico Superiore all’età di appena 16 mesi.
Nella rocca petrosa tracce di Dna
Tra le regioni, la Puglia, è una delle poche dove sono documentate tutte le tappe culturali dell’evoluzione umana. In particolare la Grotta delle Mura, che si trova nel comune di Monopoli, è un sito preistorico particolarmente importante per la complessa serie stratigrafica che testimonia la presenza in luogo di culture che vanno dal Paleolitico Medio all’età del bronzo. Proprio qui è stato rinvenuto lo scheletro del bambino, tra i meglio conservati in Italia per quanto riguarda il Paleolitico superiore.
Il campione scelto per l’analisi proviene dalla rocca petrosa, una parte dell’osso temporale del cranio piuttosto spessa, che proprio per la sua resistenza è molto probabile conservi delle tracce di Dna.
Ricostruito l’identikit del bambino
Lo studio, pubblicato su Nature Communications, ha permesso di ottenere con elevata precisione informazioni importanti sul bambino, sullo sviluppo e le sue caratteristiche biologiche.
Il sequenziamento del genoma ha consentito di scoprire che il piccolo visse tra 17.394 e 16.984 anni fa. E che era un maschio, aveva capelli ricci di colore scuro, gli occhi azzurri e la pelle scura. Questa caratteristica era molto comune tra le popolazioni dell’Europa Occidentale durante il paleolitico.
Morto a 72 settimane per una malattia congenita
I resti scheletrici sono stati analizzati combinando studi antropologici tradizionali con paleogenomica, paleoistologia dentale, analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale e datazione al radiocarbonio.
I risultati dello studio ritraggono una storia biologica dello sviluppo, della prima infanzia, della salute e della morte stimata a 72 settimane.
Sono stati identificati diversi tratti fenotipici e una potenziale malattia congenita, la scarsa mobilità della madre durante la gestazione e un alto livello di endogamia, ovvero si è scoperto che i genitori erano parenti stretti, probabilmente cugini di primo grado. La malattia di cui soffriva è stata indentificata nella cardiomiopatia ipertrofiaca, probabile causa della sua prematura morte.
I movimenti delle popolazioni in Italia Meridionale
Questa scoperta è stata anche utile per individuare i movimenti di popolazioni nel Sud dell’Italia alla fine dell’ultima era glaciale.
I dati raccolti dagli esperti dimostrano infatti che la popolazione cui apparteneva aveva sviluppato un certo grado di differenziazione genetica dai gruppi coevi che abitavano nel settentrione del Paese, a loro volta giunti probabilmente dalla Penisola Balcanica.
Il bambino di Grotta delle Mura rappresenta dunque un’eccezionale testimonianza delle prime fasi di vita e del popolamento in Meridione durante il tardo Paleolitico Superiore e al tempo stesso sottolinea l’importanza che la penisola aveva come crocevia per l’incontro di vari gruppi di cacciatori-raccoglitori dell’epoca.
Silvia Bolognini