Dal costo della benzina al carrello della spesa che sta diventando sempre più caro.
Il conflitto in atto in Ucraina sta facendo sentire ogni giorno di più i suoi pesanti effetti nel nostro quotidiano.
I dati dalla Borsa Merci Telematica Italiana indicano che il grano ha raggiunto i 405 euro a tonnellata, quasi 80 euro/t in più rispetto a sette giorni prima.
La farina ha segnato un rialzo di 100 euro a tonnellata per tutte le varietà, mentre il mais di ben 87 euro.
Lievitano i prezzi dei beni di prima necessità
I significativi aumenti delle materie prime, si traducono in un carrello della spesa decisamente più salato soprattutto per pane, pasta e prodotti legati al mais.
Rincari che vanno ad aggiungersi alle già pesanti bollette di luce e gas che stanno mettendo in ginocchio le famiglie e le aziende.
Oltre che per l’interruzione degli approvvigionamenti dall’Area del Mar Nero, i rialzi dei prezzi di cereali, semi oleosi e prodotti derivati (farine, oli), sono incrementati ora anche dalle notizie del blocco alle esportazioni deciso dall’Ungheria, primo paese fornitore dell’Italia sia di grano tenero che di mais e dell’aumento precauzionale degli stock da parte della Bulgaria.
Una situazione che nelle giornate di lunedì 7 e martedì 8 marzo ha portato a un’impennata nel mercato italiano con rincari record nei listini delle Camere di commercio e Borse Merci nazionali.
I principali fornitori dell’Italia
Ungheria e Ucraina rappresentano i due principali fornitori del nostro Paese coprendo da sole quasi il 50% delle importazioni di mais.
Gli aumenti della materia prima oltre a farsi sentire in particolare su pane e pasta sta avendo ripercussioni anche sui prodotti derivati dalla lavorazione del mais utilizzati nell’alimentazione zootecnica. In questo comparto i rincari sono nell’ordine di 100 euro a tonnellata per la farina integrale per mangimi, che è balzata sui 430 euro/t.
Pesanti anche le ripercussioni nei listini del grano tenero che si utilizza nella panificazione (pane, biscotti o farine). L’Ungheria rappresenta quasi un quarto del totale di grano tenero che attualmente importa l’Italia con il dato di 23,4% nei primi undici mesi del 2021. A questo si aggiunge una quota di poco inferiore al 5% detenuta dalla Bulgaria.
A Milano i prezzi del grano nazionale hanno così raggiunto i 405 euro a tonnellata con conseguente impennata dei prezzi all’ingrosso che risultano superiore di oltre il 70% rispetto a un anno fa.
Le minacce per le imprese che chiudono in Russia
Ci sono, infine, prodotti per i quali il costo potrebbe aumentare anche per conseguenza della scelta di numerose imprese di chiudere in Russia.
Una decisione che non è stata ben accolta dal presidente Vladimir Putin.
« Riguardo a coloro che stanno pianificando di chiudere i loro impianti di produzione – ha detto rivolgendosi al suo governo – dobbiamo agire con decisione, non dobbiamo assolutamente permettere alcun danno ai fornitori russi globali. Ci saranno provvedimenti duri, anche un possibile boom dell’inflazione per i prezzi sui prodotti alimentari».
La minaccia, in Italia, potrebbe avere ripercussioni importanti soprattutto per i fertilizzanti minerali che Russia e Bielorussia immettono sui mercati mondiali.
La Russia è il secondo Paese al mondo per la produzione di concimi azotati e fosfati. Mosca è seconda anche nella produzione di potassio, che arriva a 7,2 milioni di tonnellate e prima esportatrice mondiale invece di grano. Importante anche l’export di orzo, mentre il 53,8% dell’export è legato all’energia.
Mosca è anche il primo esportatore globale di petrolio, con 7,8 milioni di barili al giorno a dicembre scorso e il quinto produttore al mondo di acciaio.
Silvia Bolognini