Presentato uno studio da cui emerge l’efficacia al 100% dell’anticorpo per alcuni tipi di cancro al retto
E’ un monoclonale che può segnare la svolta epocale nella cura di alcune tipologie di tumori al retto.
Si chiama Dostarlimab e la sua sperimentazione su alcuni pazienti ha dato risultati al di sopra delle aspettative.
“Anche se quello pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine – sottolinea Sara Lonardi, direttore di Oncologia 3 al Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Oncologico Veneto– è uno studio piccolo, avendo monitorato solo 12 pazienti, non si era mai vista, nell’ambito dell’oncologia colon-rettale, una risoluzione completa del tumore nel 100% dei casi”.
Lo studio cui fa riferimento la dottoressa, che da anni riveste un ruolo di primo piano a livello mondiale in questo ambito, “ha dimostrato – commenta Lonardi – che nei pazienti colpiti da un tumore che presenta tra le sue caratteristiche l’instabilità dei microsatelliti, il trattamento con immunoterapia cura completamente il tumore ed evita la necessità di ricorrere a chemioterapia, radioterapia e chirurgia”.
Per chi funziona
Una premessa è d’obbligo: il monoclonale non è una cura universale contro tutti i tumori al colon-retto, ancor oggi tra il secondo e il terzo posto, sia tra i maschi che tra le femmine, tra le patologie di origine cancerosa più frequenti.
Ma ne risolve tra il 5% e il 10%, tracciando una nuova linea di trattamento di patologie che da molto tempo vengono curate con la stessa strategia standard.
Dopo chemio e radioterapia, infatti, si procede abitualmente con l’asportazione chirurgica del tumore.
Un trattamento, sottolinea il direttore di Oncologia 3 dello Iov, che dà buoni tassi di guarigione. Ma da cui, proprio per l’intervento chirurgico, possono però derivare anche effetti invalidanti. “La conclusione – afferma – è che in questi particolari tipi di tumore il trattamento con immunoterapia dovrà diventare la prima scelta”.
Come funziona l’anticorpo monoclonale
In parallelo alla pubblicazione sull’importante rivista scientifica, lo studio che ha valutato l’efficacia di Dostarlimab nel trattamento di tumori localmente avanzati è stato presentato anche al convegno Asco, il più importante del settore.
Dostarlimab non agisce contro la cellula tumorale.
Risveglia invece i linfociti del sistema immunitario dei pazienti, in modo tale che quest’ultimo possa aggredire e combattere da solo il tumore.
Vincendolo. A patto che il tumore presenti tra le sue caratteristiche l’instabilità dei microsatelliti, ” un’ alterazione di alcune proteine – spiega Sara Lonardi – che causa un accumulo di mutazioni nella cellula tumorale, rendendola più riconoscibile da parte del sistema immunitario”.
Il risultato del nuovo studio prospettico di fase 2, basato sulla somministrazione dell’anticorpo ogni 3 settimane per 6 mesi, con 6 mesi di follow-up, si inserisce nel solco della ricerca specifica, in cui lo Iov ha contribuito in prima linea nell’approfondimento delle prospettive terapeutiche legate alle nuove opportunità messe a disposizione dalla scienza.
“Questo studio – rimarca il medico – conferma i dati molto importanti visti attraverso lo studio “Niche”, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, che ha valutato una strategia simile con altri due monoclonali, Nivolumab e Ipilimumab, nei pazienti colpiti sempre da tumori del colon con instabilità dei microsatelliti”.
Il tumore al colon-retto: un male che si cura
I progressi della scienza, dunque, rendono i tumori malattie sempre meno incurabili.
“Dopo molti anni in cui non ci sono state grosse novità terapeutiche – conclude Sara Lonardi – adesso finalmente si possono riscontrare nuove risposte, sia mirate che immunologiche. E si inizia a vedere un miglioramento delle prospettive di sopravvivenza anche in caso di tumori in stato avanzato”.
Per questo, anche se si capisce che l’Istituto Oncologico Veneto, dopo la pubblicazione della notizia della pubblicazione dello studio sul nuovo monoclonale, sia stato subissato di telefonate, da un lato non bisogna mai dimenticare che, al momento, il Dostarlimab può essere una cura valida solo per una limitata percentuale di tumori da operare. Dall’altro, però, incoraggia pensare che il tumore al colon-retto è “largamente guaribile” per il 60%-70% dei pazienti.
Alberto Minazzi