Un progetto di ricerca italo-svedese, guidato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, mette a punto un materiale a basso costo e basso impatto ambientale che apre a una serie di applicazioni nelle zone aride
Nelle zone aride della terra, la cui estensione aumenta di anno in anno a causa del riscaldamento globale, se spesso manca l’acqua dolce, in gran parte dei casi non fanno difetto le radiazioni solari. Una potenziale enorme fonte di energia che, per la mancanza di adeguati materiali e tecnologie, non è stato però finora possibile sfruttare fino in fondo in particolare per alimentare processi altamente energivori, a partire proprio dalla desalinizzazione.
Proprio in questa prospettiva, dalla ricerca scientifica arriva però adesso, come illustra un articolo pubblicato sulla rivista Nature Communications, l’annuncio di un importante risultato raggiunto grazie al progetto portato avanti dal lavoro di un gruppo internazionale guidato da scienziate e scienziati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che hanno collaborato a tal fine con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e con le Università svedesi di Luleå e Linköping.
Acqua potabile dall’acqua salata
Il materiale realizzato dai ricercatori ha infatti la caratteristica di riuscire ad assorbire l’intera radiazione solare, trattenendo al tempo stesso il calore accumulato senza disperderlo nell’ambiente circostante. “Il nuovo materiale spiega Alberto Vomiero, professore di Scienza dei materiali a Ca’ Foscari – è caratterizzato da un’alta porosità e particolari proprietà elettroniche. La superficie supera così i 100 °C dopo soli 4 minuti di irraggiamento con luce solare”.
Le superfici ultra-calde, come hanno evidenziato gli esperimenti, potranno essere utilizzate non solo per la cottura dei cibi in zone ad alta insolazione, ma soprattutto per ottenere, a costi contenuti e con un basso impatto ambientale, acqua potabile dall’ acqua salata.
“Il nuovo materiale – prosegue Vomiero – è stato testato per la desalinizzazione usando luce solare artificiale raggiungendo ottime prestazioni ed una temperatura superficiale di 50° a contatto con l’acqua”.
“La principale novità della nostra ricerca – aggiunge Elisa Moretti, professoressa di Chimica inorganica a Ca’ Foscari – consiste nell’aver realizzato un sistema estremamente semplice rispetto ad altri sistemi per l’evaporazione dell’acqua tramite luce solare, grazie alle funzionalità di assorbimento della luce e di trasporto dell’acqua, che rendono il nuovo materiale una “spugna” in grado di riscaldarsi molto velocemente e di mantenere alta la sua temperatura”.
“Questo nuovo materiale – concludono i ricercatori – può offrire un contributo importante per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. In particolare riguardo al sesto obiettivo: Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”.
Alberto Minazzi