L’intervento effettuato con successo all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova.
La disponibilità di organi potrebbe aumentare del 30%
A differenza di altri Stati, dove possono bastare anche solo 2 minuti di attesa, in Italia il prelievo di un cuore può avvenire solo quando è stata confermata la morte del donatore attraverso un elettro-cardiogramma di almeno 20 minuti, trascorsi i quali si ritiene che, di fronte a una costante asistolia e conseguente blocco della circolazione del sangue, l’encefalo (cioè la parte fondamentale del sistema nervoso centrale) abbia perso in maniera irreversibile le sue funzioni.
Durante questo periodo, può però succedere che il cuore cessi ogni attività elettrica, risultando così inutilizzabile per il trapianto a un altro paziente. O, almeno, è quanto succedeva finora. Perché, all’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova si è dimostrato, concretamente, che il principale organo preposto alla circolazione del sangue dell’organismo può ripartire e funzionare come un cuore praticamente normale.
L’eccezionale trapianto di cuore a Padova
Quanto avvenuto in Veneto lo scorso 11 maggio, per la prima volta, è stato ora illustrato dall’équipe che ha realizzato con successo lo straordinario trapianto.
L’organo, rimasto fermo dopo 44 minuti di arresto anossico, è stato infatti prelevato dai medici coordinati dal primario di Anestesia dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, Paolo Zanatta, e poi impiantato nel petto di un uomo cardiopatico di 46 anni dal team guidato da Gino Gerosa, direttore del centro di Cardiochirurgia “Gallucci” di Padova.
L’organo è stato donato da un uomo colpito dalla cosiddetta “morte cardiaca”, ovvero l’improvviso decesso dovuto alla perdita della funzionalità del cuore, accompagnato da contestuali danni cerebrali irreversibili, tali da rendere vano ogni eventuale accanimento terapeutico.
Una volta riperfuso (ovvero dopo aver fatto ripartire il flusso del sangue al suo interno) è stata valutata la funzionalità del cuore ed è infine partito l’iter per il trapianto nel paziente, già operato in età pediatrica e in attesa dell’operazione da 2 anni.
Nuove prospettive per la cardiochirurgia
“Abbiamo sovvertito un paradigma a livello mondiale. Abbiamo studiato e lavorato intensamente per superare questo ostacolo e abbiamo dimostrato che anche in Italia si può fare questo tipo di trapianto”, ha affermato Gerosa. La nuova possibilità di donazione a cuore fermo, ha invece ricordato Zanatta, va ad aggiungersi a quella, già attiva da molti anni, con risultati positivi, per fegato e rene. “Oggi – ha detto il medico del Ca’ Foncello – sappiamo per certo che è possibile rendere disponibile anche il cuore”.
Proprio a Padova, nel 1985, era avvenuto il primo trapianto di cuore nel nostro Paese.
“Ancora una volta – ha commentato il presidente del Veneto, Luca Zaia, intervenuto alla conferenza stampa – è la sanità del Veneto a varcare una nuova frontiera della medicina. Da oggi la cardiochirurgia non sarà più come prima, perché si apre una prospettiva che può ridare speranza a tanti malati che attendono un trapianto di cuore. Questo risultato straordinario, secondo gli esperti, potrebbe portare a un incremento del 30% nel numero dei trapianti in Italia”.
Alberto Minazzi