In un’atipica guida ai ristoranti, Alessandro Tortato racconta Venezia attraverso i suoi piatti e le sue contaminazioni culinarie
Qualcuno l’ha definita “una guida originale e necessaria“.
E molti hanno sottolineato come “I ristoranti di Venezia” (Ronzani editore) rappresenti non solo un inedito viaggio tra i migliori locali in laguna e nella terraferma veneziana ma anche un modo per apprezzare un gustoso libro di storia.
Per Alessandro Tortato, direttore d’orchestra, gourmet, storico e giornalista, quest’opera (pubblicata anche in lingua inglese) è anche qualcosa di più.
Nel regalare al lettore l’essenza dei 100 ristoranti segnalati, infatti, l’autore raccoglie prove tangibili per sfatare annosi pregiudizi.
“Non è vero che a Venezia si mangia male. Anzi – sottolinea -. A Venezia si può mangiare benissimo“.
E non solo con il gusto. Nel suo libro, dove vengono fornite indicazioni molto dettagliate su ogni ristorante, ogni pagina si arricchisce infatti di cultura, storia e aneddoti sulla Serenissima che ne fanno una guida destinata non solo ai turisti ma agli stessi veneziani appassionati di vita tra calli e ponti.
- Tortato, com’è nata l’idea di una guida ai ristoranti di Venezia?
L’idea è nata da una riflessione apparentemente banale. La domanda che in assoluto più mi è stata rivolta nella vita è la seguente: “Ciao, sono a Venezia, dove posso andare a mangiare?”.
Questo vero e proprio tormentone mi ha fatto capire che mancava una guida sistematica ai ristoranti veneziani inducendomi a colmare la lacuna.
Il rapporto con la mia città è di assoluto amore e stupore quotidiano. Al di là della retorica veramente non c’è giorno in cui Venezia non riesca a stupire anche i veneziani per la sua incommensurabile bellezza.
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Lei è veneziano ed è pure un raffinato gourmet. Venezia stupisce anche per i suoi piatti tipici? Ce ne può descrivere uno per ogni stagione?
Venezia stupisce in ogni modo. Mi piace indicare un piatto per ogni stagione, poi sarà il lettore a informarsi su dove andare a cercarlo. Partiamo dalla primavera con le castraure di Sant’Erasmo. Il celebre carciofo violetto, forse il migliore al mondo. L’estate mi fa venire in mente i “bovoleti” le lumachine di terra che tradizionalmente allietano i veneziani durante la festa del Redentore. Per l’autunno invito a provare la “castradina” piatto di origine dalmata a base di montone e verze che viene servito in città il giorno della Salute e per l’inverno opterei per un semplice quanto straordinario “fegato alla veneziana“.
- Nella sua guida il cibo è indissolubilmente legato alla cultura e al benessere. Cosa rappresenta per lei il buon cibo?
Il mio approccio con il mondo dell’enogastronomia è in primis culturale.
Un piatto può raccontare la storia di una città, di una regione, di un popolo e talvolta, se creato con grande personalità, persino sublimare tale storia in arte.
Da viaggiatore compulsivo, come mi definisco, ritengo che uno dei modi per conoscere veramente in profondità un luogo sia quello di approcciarsi con curiosità e apertura mentale ai suoi cibi. Talvolta sono vere e proprie pagine di un gustoso libro di storia. Non a caso, scrivendo questo libro mi sono per la prima volta sentito viaggiatore nella mia città, un privilegio non da poco considerando di quale città stiamo parlando.
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Con quale criterio ha scelto i ristoranti del centro storico? Cosa caratterizza un buon ristorante? Cos’è invece il “bacaro”?
Nello Guida ho voluto infatti soffermarmi maggiormente sui ristoranti in generale, anche se qui preferirei non privilegiare alcun locale nello specifico.
Voglio ricordare invece che ogni esercizio può essere facilmente raggiunto, inquadrando con il proprio cellulare un QR Code.
La scelta è stata fatta ovviamente in base alle mie valutazioni e riguarda ogni tipologia di ristorante, dal bacaro allo “stellato”.
Per me conta molto la “sincerità” della proposta, ovvero la coerenza tra ciò che si intende offrire al cliente e ciò che realmente si offre.
Tale “sincerità” deve riguardare anche il prezzo al quale contribuiscono molteplici fattori. Nella mia guida, di bacari, le tipiche osterie veneziane che propongono cicheti (assaggini) e ombre (calici di vino), ce ne sono soltanto due: si tratta di quelli che ho nel cuore.
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In generale come si mangia in centro storico? Quali sono i piatti più originali e speciali?
A dispetto dei pregiudizi che incombono sulla ristorazione veneziana, affermo che in centro storico si può mangiare benissimo.
Tali pregiudizi derivano dal fatto che parliamo di una città con meno di 50.000 abitanti, che ospita milioni e milioni di turisti e dove tutto, di conseguenza, è estremamente amplificato.
A Venezia non si mangia peggio che a Firenze, Roma, Parigi o Londra, basta saper scegliere.
Peraltro recentemente sono giunti in Laguna alcuni tra i migliori chef stellati d’Italia che hanno dato una svolta al mondo della ristorazione lagunare, innestando una concorrenza estremamente virtuosa nei risultati.
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Se lei dovessi definire la cucina della tradizione veneziana, come la descriverebbe?
La cucina tradizionale veneziana è quella che sa raccontare la secolare storia della Serenissima rivelando tutte le contaminazioni che la città ha ricevuto nel tempo dai popoli con i quali si è relazionata: dai turchi agli ebrei, dagli armeni agli austriaci. Una meraviglia.
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Nella sua Guida sono citati anche locali di Mestre e Marghera, quali sono le peculiarità della terraferma?
E’ utile ricordare che un quarto dei turisti che giungono a Venezia, per motivi logistici o economici, si ferma a dormire in terraferma. Anche Mestre e Marghera quindi, a loro modo, stanno diventando città turistiche, ospitando alcune insegne, talora storiche, di assoluto rilievo.
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Parliamo del bere, com’è il vino a Venezia? Quali tipi di vino vengono proposti maggiormente?
Venezia è la metropoli più piccola del mondo, e proprio per tale caratteristica, qui si può trovare ogni vino: da quello addirittura lagunare a quello veneto, fino a quelli italiani o francesi o australiani. Certo è che spesso il turista cerca il vino della regione che sta visitando ed è quindi giusto che la proposta di vini veneti sia adeguata.
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La sua guida è atipica, perché è destinata ai turisti ma anche ai veneziani e ai veneti…
Assolutamente sì. Non sempre i veneti e persino i veneziani conoscono a fondo la qualità della proposta enogastronomica della loro città. Anzi, direi che tra coloro che nutrono i maggiori pregiudizi verso di essa vi sono proprio i nostri corregionali. Spero di convincerli a cambiare idea.
Il libro è stato presentato per la prima volta il giorno dell’uscita, il 7 febbraio, all’Hotel Monaco & Grand Canal. Le presentazioni si stanno svolgendo un po’ ovunque, in regione e non solo, con notevole presenza di pubblico. Sono assolutamente entusiasta dall’interesse che questa guida sta riscuotendo. Merito ancora una volta del fascino che Venezia continua a esercitare nel mondo.
Nicoletta Benatelli