Un nuovo esame promette di rilevare il tumore al pancreas in fase iniziale, migliorando le possibilità di cura. Il test, già promettente, potrebbe rivoluzionare la lotta contro una delle forme più letali di cancro
Nel 2022, circa 467 mila persone in tutto il mondo hanno perso la vita per un cancro al pancreas.
Una forma di tumore tra le più subdole e insidiose, in quanto spesso non provoca sintomi riconoscibili, rendendolo rilevabile solo quando si è diffuso attraverso le metastasi in linfonodi e altri organi, complicandone così estremamente le possibilità di cura.
Avere a disposizione dei mezzi per anticipare il più possibile la diagnosi e renderla più semplice, dunque, sarebbe la chiave per abbattere drasticamente il tasso di mortalità collegato al tumore al pancreas. Attualmente, non esistono test affidabili approvati, così come mancano i biomarcatori necessari ai ricercatori per lo sviluppo di nuovi test.
Ma qualcosa potrebbe essere cambiato.
Un esame del sangue per la diagnosi precoce
Un team dell’Oregon Health & Science University di Portland, negli Stati Uniti, ha infatti messo a punto una biopsia liquida del sangue i cui primi risultati hanno dato risposte promettenti nella prospettiva, una volta aumentata ulteriormente la sensibilità, di un possibile concreto utilizzo a fini diagnostici.
Attraverso piccoli campioni ematici, cioè, si potrebbero rilevare con un test affidabile e non invasivo i segnali della presenza del tumore al pancreas.
Chiamato Pac-Mann, il test ha mostrato infatti una elevata sensibilità, ovvero capacità di riconoscere i tumori, ma anche un’alta specificità, evitando cioè le false diagnosi. Nel 98% dei casi sono dunque state identificate correttamente le persone sane (170 sul totale di 356 campioni di sangue congelato) e nel 73% quelle con cancro al pancreas (110), a loro volta sempre distinte da quelle (76) affette da malattie al pancreas non oncologiche, come la pancreatite.
I nanosensori a caccia degli enzimi
I risultati hanno sorpreso positivamente gli stessi ricercatori, anche perché si basano su esami del sangue economici, che quindi potrebbero entrare in futuro tra gli screening diagnostici. Come spiega la rivista Science Translational Medicine, che ha descritto in un articolo i risultati dello studio, alla base ci sono speciali nanosensori contenenti una nanoparticella magnetica e una molecola fluorescente, inseribili a milioni in minuscoli campioni di sangue.
In particolare, attraverso il test si cercano enzimi chiamati proteasi, e più esattamente l’attività delle metalloproteinasi della matrice. Questi enzimi scompongono infatti le proteine e sono attivi nei tumori, anche dalle primissime fasi, aiutandoli a invadere il corpo attraverso il loro coinvolgimento nella masticazione del collagene e della matrice extracellulare. E la nanoparticella magnetica, attaccata a un piccolo peptide, è in grado di attrarre le metalloproteinasi.
Come funziona il test
Durante la loro crescita, i tumori del pancreas secernono grandi quantità di proteasi, alcune delle quali si immettono nel flusso sanguigno. Così, in caso di loro presenza nel campione analizzato, le metalloproteinasi della matrice taglierebbero il peptide nei nanosensori, rilasciando la molecola fluorescente e aumentando la luminosità del sangue.
Attraverso una calamita, si possono aspirare quindi tutti i nanosensori non tagliati e misurare la quantità di particelle fluorescenti rimaste.
I ricercatori hanno poi combinato Pac-Mann con un biomarcatore chimico, il Ca 19-9, che circola nel sangue e spesso segnala la presenza di una neoplasia. La sensibilità del test per la rilevazione del tumore pancreatico in fase iniziale è così cresciuta fino all’85%. La tecnologia, oltre che per la diagnosi precoce, potrebbe così essere utilizzata anche per monitorare i soggetti a maggior rischio di sviluppare il cancro e gli studiosi ipotizzano l’applicabilità anche ad altre forme tumorali.
Alberto Minazzi