Buona la prima. La riapertura dei teatri a Mestre ha riportato la gente sulle strade inaugurando con successo, in piazzetta Malipiero, la prima nazionale di “Pojana e i suoi fratelli” di Andrea Pennacchi.
La rassegna “Io sono teatro…tra la gente” a cura di Arteven, Teatro Toniolo e del settore cultura del Comune di Venezia, si è proposta con due repliche dello spettacolo, entrambe andate a esaurimento dei posti.
Il nuovo inizio è stato salutato infatti con grande partecipazione dai cittadini, che hanno formato lunghe code rispettando le norme del distanziamento ma tradendo anche una certa emozione: “Non mi ricordo più come si guarda uno spettacolo”, commentava sorridendo una signora nel mezzo della fila per entrare.
Pojana: una diversa prospettiva sui veneti
La riapertura ha portato con sé un nuovo inizio anche per l’attore padovano Pennacchi.
Dopo il monologo virale “Ciao terroni” e il successo televisivo a Propaganda Live con il personaggio “Pojana”, questa nuova pièce teatrale porta in scena infatti una diversa prospettiva dalla quale raccontare il Veneto e i Veneti.
“Pojana e i suoi fratelli” racconta storie del nordest prima d’oggi poco rappresentate a teatro. Accompagnato dal musicista Giorgio Gobbo, Andrea Pennacchi si lascia possedere dal demone del suo personaggio Pojana e narra la storia dei suoi fratelli maggiori: Edo il security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero e altri.
Alla fine della spettacolo, salutato da convinti applausi del pubblico, abbiamo raggiunto Pennacchi per fare due chiacchiere sul nuovo progetto teatrale e tanto altro.
- Questa è la prima nazionale del tuo nuovo spettacolo. Come mai ha scelto proprio Mestre per iniziare?
Siamo molto affezionati a Mestre e al circuito regionale teatrale che ci ha dato grandi possibilità di crescere da quando eravamo ragazzini.
Torniamo a Mestre sempre molto volentieri.
- “Pojana”, il tuo personaggio del nord est è diventato un vero e proprio cliché. Dove trovi l’ispirazione per costruire personaggi cosi radicati nella realtà?
La mia ricerca parte dalla lettura di un sacco di libri, “me vardo un sacco de film” e soprattutto vado in un sacco di bar.
Lì parlo con la gente, ascolto, comprendo. Qualcuno maliziosamente può dire vai nei bar “a imbriagarte”. Non è certo così, perchè da ubriaco non ascolti, anzi sono molto sobrio e fingo, perché ovviamente nei bar veneti l’astemio non è mai visto in maniera positiva (ride).
- Il tuo spettacolo racconta il Veneto ai Veneti, distruggendo l’immagine del veneto bonaccione raccontata spesso al cinema o in televisione. Quando hai maturato questa idea?
Da ragazzo sono andato via dalla mia regione, perche dicevo “io non ho niente di Veneto, il Veneto non mi appartiene, io sono diverso”.
Mi è bastato qualche anno di distanza per scoprire di essere molto veneto. Ho ripensato ai valori tramandati dai miei genitori e dai miei nonni, realizzando che nelle mie radici c’erano aspetti positivi e negativi, ma all’epoca vedevo solo quelli negativi. Così, appena sono tornato, è stata fortissima la voglia di raccontare la mia terra.
- Ci sono persone o riferimenti culturali che hanno ispirato questo tuo percorso artistico?
Ho avuto la fortuna di incontrare i libri di Luigi Meneghello, gli spettacoli bellissimi di Marco Paolini, Natalino Balasso, Giuliana Musso.Amici che raccontano storie meravigliose in Veneto ma non sono per niente cliché, quindi mi sono detto: allora è possibile raccontare la mia regione diversamente.
- In piena pandemia, ognuno di noi ha riflettuto molto su ciò che è essenziale o meno nella nostra vita quotidiana. Perchè per te il teatro e l’arte in genere sono essenziali?
Per me e per molti colleghi questi mesi complessi sono stati un’occasione per capire quanto abbiamo bisogno di andare dal pubblico, stare vicino alle persone.
E’ il pubblico ad essere essenziale, senza pubblico il Teatro non esiste, ci pensavo proprio stasera mentre tornavo in scena.
Potrei dirti “l’arte è essenziale”, ma se sto a casa senza pubblico non posso migliorare la vita dei cittadini con il mio mestiere.
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