Il calcolo della Cgia di Mestre: fino all’8 giugno i redditi saranno assorbiti dalle tasse. È quasi record
Per 158 giorni su 365, weekend compresi, nel 2023 lavoreremo per pagare le tasse.
Dunque, solo il reddito che guadagneremo dall’8 giugno al 31 dicembre potrà essere speso per noi e per le nostre famiglie.
E solo una volta, oltretutto per un solo giorno in meno, ci era andata peggio.
Il calcolo è stato fatto dall’Associazione artigiani e piccole imprese Cgia di Mestre, sottolineando che, finalmente, giovedì prossimo scoccherà quello che è stato ribattezzato “Tax freedom day”, ovvero “giorno di liberazione fiscale”.
Il calcolo del Tax freedom day
La fissazione del Tax freedom day, va sottolineato, è un calcolo puramente teorico.
Per arrivare alla data si parte infatti da dati medi stimati. La base è la stima del pil nazionale, che per il 2023 è di poco superiore ai 2.018 miliardi di euro.
La somma viene divisa per i giorni in un anno (365), ottenendo il dato medio giornaliero di oltre 5 miliardi e mezzo di euro.
Un’altra stima, quella delle previsioni di quanto verseremo complessivamente alle casse pubbliche nel corso dell’anno, è quindi alla base del rapporto con il pil giornaliero per arrivare alla determinazione della data. E, visto che tra imposte, tasse, addizionali e contributi previdenziali e assicurativi, dalle tasche dei lavoratori dovrebbero uscire nel 2023 più di 874 milioni di euro, si arriva a 158 giorni.
L’Italia e le tasse nel tempo
Dal 1995 a oggi, il Tax freedom day in Italia ha fatto registrare un picco minimo nel 2005.
La pressione fiscale, 18 anni fa, era stata infatti pari al 39% dei redditi e, di conseguenza, erano bastati 142 giorni lavorativi per saldare le pendenze col fisco e iniziare a guadagnare per se stessi fin dal 23 maggio.
Al contrario, è recentissimo l’anno che, sia pur di misura, ha fatto segnare il record della pressione fiscale. Nel 2022, ben il 43,5% dei nostri guadagni è finito nelle casse pubbliche, con il Tax freedom day scoccato il 9 giugno. Un primato non legato a un aumento del prelievo, quanto alla combinazione di boom dei costi energetici, inflazione e incremento di occupazione.
La pressione fiscale in Italia e in Europa
Il Tax freedom day è una misurazione statistica e, in quanto tale, riassume in un dato unico una realtà composita come quella italiana.
Vi sono infatti regioni che, producendo più reddito, finiranno di pagare idealmente le tasse ancor più avanti. In primis provincia di Bolzano, Lombardia, Valle d’Aosta, Emilia Romagna e Lazio. Al contrario, la Calabria ha la minor pressione fiscale. Sul dato incide anche la diffusione del settore primario, al quale è applicata una base imponibile ridotta.
In generale, però, l’Italia ha un’incidenza del fisco tra le più elevate in Europa.
Sulla base dei dati 2022, tra i 27 Paesi dell’Unione ci posizioniamo sul podio , alle spalle di Francia (47,7%) e Belglio (45,1%).
In coda, con appena il 21,6% di pressione fiscale, c’è invece l’Irlanda, ben al di sotto del 41,2% medio dell’Ue, che sale al 41,9% considerando la sola area Euro.
Alberto Minazzi