Il Governo approva un altro tassello della riforma fiscale, per eliminare il credito non riscosso dal Fisco ed evitare che si ripeta, agevolando i contribuenti
A gravare sui conti pubblici non c’è solo l’evasione fiscale, riguardo alla quale le stime ufficiali più recenti, pubblicate a gennaio dal Ministero dell’Economia e aggiornate al 2021, pur indicando un continuo calo dai 108 miliardi di euro del 2015 è ancora tra gli 83 e gli 86 miliardi di euro.
Anzi, il totale di tasse e contributi non pagati e affidati al sistema di riscossione delle cartelle esattoriali è molto più elevato: al 31 dicembre 2023, sono 1.206,6 miliardi.
E il vero problema è che, tra fallimenti, decessi dei debitori o situazioni di nullatenenza, solo 100 miliardi vengono ritenuti ancora incassabili dal Fisco.
Una situazione che da tempo richiedeva un intervento, ora arrivato con l’approvazione in esame preliminare, nel corso dell’ultima riunione del Consiglio dei Ministri, del decimo tassello (di cui 8 già approvati in via definitiva) della riforma fiscale decisa dal Governo, che, secondo le dichiarazioni del ministro Giancarlo Giorgetti dovrebbe chiudersi entro la primavera.
Si tratta del decreto legislativo che introduce una serie di disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione. Un intervento, ha spiegato il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, che si prefigge tre obiettivi: snellire l’arretrato anche attraverso l’introduzione di limiti temporali per l’incasso delle cartelle in atto; evitare che in futuro si possa ripetere una situazione analoga; rendere la riscossione più veloce ed efficiente, in linea con gli altri Paesi europei.
Come sottolinea Palazzo Chigi, dunque, “il testo interviene in modo organico al fine di assicurare al sistema maggiore efficacia, imparzialità ed efficienza, in un appropriato bilanciamento con i diritti dei contribuenti”. L’effetto delle nuove norme, per questi ultimi, sarà infatti quello di facilitare il saldo degli arretrati.
La nuova rateizzazione delle cartelle esattoriali
Chi ha ricevuto la notificazione dall’Agenzia delle Entrate può infatti già ottenere una dilazione dei pagamenti dovuti chiedendo una rateizzazione delle tasse per un periodo fino a 6 anni. Il nuovo decreto allarga però la finestra temporale per i debitori nei confronti del Fisco, con una serie di previsioni che si applicheranno alle cartelle emesse dal 1 gennaio 2025, che andranno tra l’altro notificate entro 9 mesi dall’affidamento del carico.
In primo luogo, viene fissata una soglia di debito, pari a 120 mila euro, facendo riferimento alla quale verrà applicata una delle diverse discipline.
Chi ha una pendenza inferiore a questa cifra potrà ottenere una dilazione di 84 rate, ovvero 7 anni, se riceverà la cartella nel 2025 o nel 2026, fino a 8 anni con cartella presentata nel 2027 o 2028 e a 9 anni (108 rate) dal 2029.
A tal fine, sarà sufficiente presentare, insieme alla richiesta, una dichiarazione in cui si afferma di trovarsi in una temporanea situazione di difficoltà economica.
Qualora la domanda di rateizzare le tasse sia corredata con l’Isee da cui emerga conferma di tale situazione, è prevista l’applicazione di condizioni più favorevoli.
La presentazione dell’indicatore è invece richiesta ai contribuenti persone fisiche come requisito nel caso di debiti superiori a 120 mila euro, per i quali la dilazione potrà però arrivare fino a 10 anni (120 rate). Per le persone giuridiche, come le imprese, la situazione di difficoltà sarà valutata sulla base dell’indice di liquidità e del rapporto tra debito e valore della produzione.
“In caso di comprovato peggioramento della situazione economica del debitore – precisa anche il comunicato del Governo – il periodo può essere prorogato di una sola volta per un periodo di pari durata”. Dal 2031, infine, spetterà al Ministero decidere la concessione delle 120 rate.
Il destino del “magazzino”: cartelle cancellate in 5 anni
Quanto al “magazzino” di crediti non riscossi, il decreto prevede l’introduzione, dal 2025, dell’istituto del “discarico automatico”.
Si tratta in sostanza della rinuncia a riscuotere le tasse evase entro 5 anni dall’affidamento dei relativi ruoli all’Agenzia delle Entrate.
Sono escluse le somme oggetto di procedure esecutive e concorsuali o di accordi di ristrutturazione del debito ai sensi del codice della crisi d’impresa.
Le prime cartelle da incassare (anche parzialmente) o cancellare entro il prossimo anno sono quelle emesse tra il 2000 e il 2010: 335 miliardi, di cui 14 considerati ancora effettivamente incassabili. La tranche successiva, con scadenza 2027, è quella delle cartelle del periodo tra il 2011 e il 2017 (325 miliardi, 19 dei quali ancora ritenuti riscuotibili).
Per le ultime, tra il 2018 e il 2024, la data di scadenza è il 31 dicembre 2031.
Va specificato, al riguardo, che il discarico non comporta automaticamente l’estinzione del debito.
Per l’Ente creditore, a cui saranno restituite le cartelle non incassate, sarà possibile riscuotere autonomamente il credito non prescritto, affidarlo attraverso una gara a società private di riscossione, o, in presenza di “nuovi e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore”, riaffidarlo all’Agenzia delle Entrate.
Sul tema dell’arretrato il decreto prevede infine la costituzione di un’apposita Commissione “per individuare possibili soluzioni legislative per i discarichi dei ruoli affidati all’Agenzia delle Entrate dal 2000 al 2024”. Sarà cioè questa commissione, composta da un presidente di sezione della Corte dei conti e da un rappresentante del Dipartimento delle Finanze e della Ragioneria generale dello Stato a proporre le soluzioni da adottare poi con specifici provvedimenti.
Alberto Minazzi