Le ipotesi: in Legge di Bilancio confermato il taglio del 2% per i redditi fino a 35 mila euro lordi. Obiettivo 5% da raggiungere progressivamente
Ci vorranno tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro per consentire al Governo di rifinanziare anche per il 2023 il taglio del 2% del cuneo fiscale (ovvero “il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore”, secondo la definizione dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) attualmente in vigore e altrimenti destinato a scadere a fine anno.
Un provvedimento in tal senso è atteso nella Legge di Bilancio che dovrebbe approdare in Consiglio dei Ministri lunedì prossimo, 21 novembre 2022. Perché, nonostante le richieste del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, di concentrare tutti gli sforzi sulla riduzione degli oneri gravanti sugli stipendi, l’orientamento dell’Esecutivo sembra quello di procedere gradualmente verso l’obiettivo programmatico di un taglio del cuneo di almeno il 5% entro i 5 anni della legislatura.
Taglio del cuneo: la situazione
Uno stanziamento ad hoc di complessivi 16 miliardi, come chiesto dagli industriali, ma anche un aumento delle buste paga tra i 150 e i 200 euro per i redditi fino a 35 mila euro (con benefici per i soli lavoratori e non per le aziende), come vorrebbero invece i sindacati, sono al momento da escludere.
Come hanno sottolineato i tecnici del Ministero dell’Economia, il costo sarebbe infatti attualmente fuori della portata delle casse pubbliche, anche in considerazione del rapporto tra debito e pil attorno al 145%.
Ma con la proroga del taglio al cuneo introdotto nel 2022 per tutti coloro che percepiscono uno stipendio annuo fino a 35 mila euro al lordo previdenziale, l’aliquota di riduzione del 2% produrrà buste paga più sostanziose. Dal 2023, quindi, gli stipendi cambieranno con importi variabili che, secondo le stime, andranno da circa 72 euro per chi guadagna fino a 1000 euro al mese, per aumentare fino a circa 144 euro.
Chi si trova nella fascia tra i 17 mila e i 25 mila euro dovrebbe percepire un “aumento” fino a 133 euro, chi ha uno stipendio netto di mille euro dovrebbe trovare un cedolino con 135 euro in più. Uno stipendio di circa 1700 euro (corrispondente a un lordo di 30 mila euro) vedrebbe aggiungersi una cifra attorno ai 129 euro.
Il taglio è previsto per tutte le mensilità, compresa la tredicesima.
Le prospettive
Con la proroga attesa da parte del Governo, a beneficiare del taglio, che continuerà a non incidere sul calcolo futuro dell’importo della pensione, saranno principalmente (per due terzi dell’importo) i lavoratori, ma anche (per il restante terzo) i datori di lavoro. Anche se il taglio del cuneo dovrebbe continuare in maniera graduale nei prossimi anni, verso la riduzione tra i 5 e i 6 punti percentuali annunciata dal premier Meloni alle Camere nel suo programma di Governo, tale ripartizione potrebbe essere confermata.
Come calcolato dall’Ocse, l‘Italia è uno dei Paesi in cui il cuneo fiscale incide maggiormente sugli stipendi. La percentuale si aggira attorno al 46,5%, che arrivano vicine alla metà comprendendo gli oneri e i contributi sociali. L’investimento pubblico complessivo, per centrare l’obiettivo del taglio del 5%, si aggirerebbe tra i 12 e i 15 miliardi di euro e si tradurrebbe, in sostanza, in un aumento dell’importo delle buste paga tra i 250 e i 350 euro mensili.
IL CUNEO FISCALE? VA A FINIRE SEMPRE NELLE TASCHE DELLE AZIENDE . COME TANTI BONUS .
CAMBIATE LA REGOLA CHE OGGI TUTTI SE NE APPROFITTANO DIRETTAMENTE SUL CONTO CORRENTE