Dal taccheggio ai “furti di necessità”: i risultati in uno studio sulla sicurezza nel retail
Era avvenuto durante i primi mesi di pandemia, in particolare durante il lockdown.
Si sta ripetendo adesso, nel timore che il caro-energia e gli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina possano far venir meno i beni essenziali.
Tra gli italiani è psicosi agli approvvigionamenti.
Una corsa ad accaparrarsi scorte di alimentari non deperibili, tra scaffali che si svuotano e punti vendita costretti a introdurre tetti massimi d’acquisto per alcuni prodotti, come pasta e olio.
Ma, denuncia Coldiretti, le sempre più difficili condizioni economiche delle famiglie, con almeno 5,6 milioni di Italiani in uno stato di indigenza economica, rischiano di alimentare anche un fenomeno ancor più serio: quello dei furti nei supermercati. Perché, come testimonia lo studio “La sicurezza nel retail” di Crime&Tech, già prima dell’escalation degli ultimi mesi erano proprio i cibi i prodotti più rubati nei punti vendita della grande distribuzione.
I furti di cibo nei supermercati
L’ultimo rapporto sul tema, pubblicato a novembre dallo spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, evidenzia come le differenze inventariali nei supermercati, nel 2020, hanno raggiunto in Italia i 3,48 miliardi di euro, pari all’1,41% del fatturato annuo.
La percentuale sale però all’1,89% per il settore alimentare, che è stato il più colpito dal fenomeno dei furti. E se il 66% delle differenze inventariali è dovuto al taccheggio, sottolinea il report, si è registrato in particolare un aumento dei cosiddetti “furti di necessità”, che sono al secondo posto.
Dai prodotti in scatola alla profumeria
I furti avvengono prevalentemente nella fascia tra le 18 e le 20 e nei fine settimana.
Supermercati, ipermercati e Fai da te vengono però presi di mira anche la mattina e tra le 12 e le 14.
Nessun prodotto è esente da furti, ma tra quelli maggiormente gettonati si va dagli alcolici a caramelle e cioccolato, dai prodotti in scatola a salumi e formaggi, dal caffè fino ai prodotti di profumeria.
Il valore medio della merce rubata e recuperata è di 48 euro, con l’incidenza di taccheggi per punto vendita si è registrata in Campania, Abruzzo e Lombardia, mentre, per valore totale di eventi registrati, le più colpite sono Lombardia ed Emilia Romagna.
L’allarme di Coldiretti. La richiesta di aiuto per gli indigenti
Sono sempre più gli italiani che, per mangiare, devono ricorrere alla solidarietà dei pacchi alimentari o addirittura rivolgersi alle mense per i poveri.
Gli effetti dell’inflazione, secondo la principale associazione degli agricoltori italiani, potrebbero tradursi, insieme all’aumento di coloro che non sono più in grado di garantirsi un pasto adeguato, anche in un maggior numero di persone che, prese dalla disperazione, si possono far tentare dalla ricerca di soluzioni illegali.
La richiesta avanzata al Governo dal presidente Coldiretti, Ettore Prandini, è quindi ben precisa: “È necessario – riporta l’agenzia Ansa – sbloccare al più presto i 200 milioni di euro dei fondi del Ministero delle Politiche Agricole per acquistare alimenti di base di qualità Made in Italy da consegnare agli indigenti. Occorre accelerare la presentazione dei bandi per gli aiuti agli indigenti con le risorse stanziate per acquistare cibi e bevande di qualità da distribuire ai nuovi poveri”.
L’incidenza dei rincari energetici sull’agroalimentare
Coldiretti ha quindi quantificato l’incidenza sulla filiera agroalimentare dell’aumento del costo dei carburanti e dell’energia: una sorta di “bolletta aggiuntiva” da almeno 8 miliardi su base annua, rispetto al 2021. Non intervenire, sottolinea l’associazione in un comunicato, può quindi mettere a rischio i prodotti più deperibili: dall’ortofrutta al latte, dalla carne al pesce. Del resto, sono già il 30%, precisa Coldiretti, gli imprenditori che hanno rallentato la produzione. Per tacere degli effetti sulla pesca legati al +90% del costo del gasolio per i pescherecci.
I prezzi hanno già iniziato a crescere. Secondo le ultime rilevazioni del Mise, ad esempio il pane fresco è arrivato a costare a Ferrara, la città dove oggi il prodotto si paga di più, fino a 9,8 euro al kg. E la pasta ha passato i 3 euro al kg in almeno 7 città: Bergamo, Brescia, Genova, Grosseto, Macerata, Perugia e Pescara. E purtroppo, come allerta il presidente di Assoutenti Furio Truzzi, i prodotti a base di farina potrebbero ancora crescere tra il 15% e il 30%.
Alberto Minazzi