“L’astronomia costringe l’anima a guardare oltre e ci conduce da un mondo all’altro”.
Chissà cosa avrebbe pensato Platone di queste sue parole al giorno d’oggi.
Galileo, 1800 anni dopo, ha trasformato l’anima platonica in un telescopio e i nostri occhi sono arrivati veramente a posarsi da un mondo all’altro.
Su oltre 4000 pianeti in realtà, al di fuori del nostro sistema solare.
Sono definiti esopianeti e tra questi ne è stato scoperto uno del tutto particolare, che non rientra negli odierni modelli astronomici.
È Toi 561 b che, della categoria di pianeti dal periodo ultra-breve, è l’esopianeta più leggero nell’universo attualmente conosciuto.
La scoperta del team di Padova
Toi 561 b rientra, come altri, nella classificazione Super Terra: il suo raggio è infatti 1,42 raggi terrestri.
Inoltre orbita molto vicino alla sua stella Toi 561 (da cui prende il nome) e impiega solo circa 10 ore (0,44 giorni) per effettuare un giro completo.
Tutto questo aveva portato a ipotizzare che Toi 561 b fosse un pianeta roccioso come lo è il nostro, in grado di sopportare l’irradiazione proveniente dalla stella.
Ma non è così: Toi 561 b è molto leggero. Il motivo? Sotto al manto roccioso potrebbe esserci acqua, sotto forma di ghiaccio ad alta pressione.
“Caratterizzare un pianeta significa determinarne massa e raggio – spiega la dottoressa Gaia Lacedelli, del team del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova, coordinato da Giampalo Piotto, che ha scoperto l’esopianeta – Questo è possibile grazie ai dati raccolti dalle strumentazioni e ai relativi calcoli”.
Una stella di 10 miliardi di anni
Lo studio degli esopianeti permette di creare dei modelli astronomici con i quali ipotizzare e scoprire la genesi dei sistemi planetari.
“Più esopianeti scopriamo, più possiamo avanzare teorie sulla formazione del nostro sistema solare, sulla sua origine e evoluzione” racconta la ricercatrice.
Nel caso del sistema Toi 561, si tratta di una stella di 10 miliardi di anni circa, un po’ più piccola del Sole, la quale ospita questo corpo celeste, un Waterworld – termine tecnico per indicare l’ipotetica presenza d’acqua – incredibilmente vicino che aumenta le casistiche di genesi planetarie.
Toi 561 b
“Toi 561 b prende il nome dalla stella di riferimento; Toi 561 è il 561° oggetto osservato dal telescopio Tess della Nasa, lanciato nello spazio nell’aprile del 2018 con l’obiettivo di osservare quelle stelle che potrebbero ospitare un sistema planetario (Toi sta per Tess object of interesting) – spiega la dottoressa Lacedelli. – L’alfanumerizzazione invece viene attribuita ai pianeti orbitanti del sistema, dal più interno al più esterno in progressione. In questo caso b e a seguire c, d, e.
L’esopianeta nascosto
“All’inizio Tess ci mostrava solo tre pianeti, grazie al metodo dei transiti: quando un pianeta entra nel campo visivo della stella, ne blocca parte dell’irradiazione luminosa (come un eclissi, ndr). Più grande è, più luce blocca. Per certificare che l’oggetto sia effettivamente un pianeta si usa uno spettrografo, in questo caso l’Harps-Nord installato nel telescopio nazionale Galileo di La Palma, nelle isole Canarie. Qui è dove abbiamo osservato il sistema Toi 561, lo scorso gennaio”.
“Harps-N usa la tecnica delle velocità radiali per misurare l’effetto Doppler della stella” continua la dottoressa Lacedelli. “Questa infatti, come il nostro Sole, ruota leggermente attorno al pianeta, emettendo diverse frequenze che cambiano intensità, come la sirena dell’ambulanza quando passa. Dai dati raccolti e dai successivi calcoli, si determinano raggio, massa e relativa densità. Solo che i calcoli non tornavano: dai dati di Tess ci aspettavamo di studiare un pianeta con un moto di rivoluzione di 16 giorni, ma le velocità radiali dello spettrografo smentivano questa teoria. Alla fine abbiamo preso in considerazione la presenza di un quarto pianeta e da qui abbiamo scoperto, nel luglio scorso, Toi 561 b”.
Toi 561 b è importante, in quanto amplia le casistiche e i modelli teorici di genesi di un pianeta.
“Il passo successivo – conclude la dottoressa Lacedelli – sarà di confermare la densità di Toi 561 b con ulteriori dati, quando il telescopio Tess tornerà a osservare la stella a febbraio 2021”.
Impossibile non pensare, per chi non ha dimestichezza con le stelle, all’idea di una Terra 2.0 da qualche parte nell’universo. È la missione che si è prefissa l’Esa per il 2026 con il lancio nello spazio di Plato.
“Ci sono miliardi di stelle nella nostra galassia. Esistono miliardi di galassie nell’Universo. La maggior parte delle stelle ospita pianeti orbitanti. Ci aspettiamo statisticamente possa esistere un’altra Terra. Il problema sarebbe casomai raggiungerla: il sistema di Proxima Centauri, a noi più vicino, dista 3,6 anni-luce, conclude Gaia Lacedelli.
Il passo successivo, per lei e il suo team, sarà di confermare la densità di Toi 561 b con ulteriori dati.
E mentre gli astronomi scrutano il cielo alla ricerca di risposte sulle origini planetarie, a noi invece non resta che ritornare, come ci disse Platone, a osservare le stelle e i pianeti, con gli occhi rivolti al cielo, da un mondo all’altro.
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