Si tratti di anticorpi “naturali”, ovvero sviluppati da chi è guarito dal Covid 19, o di anticorpi indotti dalla vaccinazione, la variante Delta è comunque in grado di sfuggire maggiormente alle difese del nostro organismo rispetto al coronavirus originario o ad altre mutazioni del Sars-CoV-2.
Quanto evidenziato da uno studio effettuato in India e Gran Bretagna, pubblicato ora dalla rivista “Nature”, è quindi una delle possibili spiegazioni al perché la cosiddetta “variante indiana” resti tuttora una delle più temute nel contrasto alla diffusione della pandemia.
Lo studio sulla variante Delta
Tra le caratteristiche che rendono particolarmente insidiosa la variante Delta non c’è solo la minor sensibilità del virus nei confronti degli anticorpi, quantificata in un range tra 5,7 e 8 volte inferiore alla variante Alfa, a seconda che la protezione sia legata a una guarigione o al completamento del ciclo vaccinale.
Se la Delta è divenuta la versione prevalente del virus, superando anche la precedente mutazione, è anche perché, a quanto rilevato dai ricercatori, riesce ad entrare con più efficacia nelle cellule respiratorie e, una volta al loro interno, riesce più facilmente a replicarsi.
L’efficacia degli anticorpi
Lo studio si è basato sull’analisi del siero estratto dal sangue di persone che avevano sviluppato e superato la malattia o che si sono sottoposte alla vaccinazione con AstraZeneca o Pfizer. Il dato emerso sul campione inglese, che sembra indicare come sia necessario un livello di anticorpi di gran lunga superiore per bloccare l’infezione da variante Delta, è stato confermato da quello relativo al centinaio di sanitari contagiati in tre ospedali dell’indiana Delhi nonostante fossero stati vaccinati.
La variante Delta nell’apparato respiratorio
Il secondo aspetto su cui si sono concentrate le analisi degli scienziati è quello dell’azione del virus mutato una volta raggiunto l’apparato respiratorio. Per effettuare questa parte dello studio sono stati utilizzate soluzioni all’avanguardia come gli organoidi tridimensionali delle vie aeree, ovvero mini-organi sviluppati in laboratorio attraverso la coltura di cellule specifiche. Questi sono stati infettati, operando sempre in condizioni di sicurezza, sia con il virus vivo che con una sua forma sintetica, riportante le mutazioni tipiche della variante Delta, risultata più efficiente nella replicazione.
I commenti degli autori
“La variante Delta si è diffusa ampiamente fino a diventare dominante in tutto il mondo perché è più veloce a diffondersi e infetta meglio rispetto alla maggior parte delle altre varianti” ha dichiarato uno degli autori dello studio, Partha Rakshit del National Center for Disease Control di Delhi. “È anche più brava nell’aggirare l’immunità indotta da una precedente esposizione al virus o dalla vaccinazione, sebbene in questi casi il rischio di malattia da moderata a grave sia comunque ridotto“.
“Abbiamo urgente bisogno – aggiunge l’altro autore, Anurag Agrawal dello Csir Institute of Genomics and Integrative Biology di Delhi – di considerare nuove strategie per aumentare le risposte ai vaccini contro le varianti. E le misure di controllo delle infezioni dovranno continuare anche nell’era post-vaccino”.
Alberto Minazzi
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