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Uno studio sui gatti di Vo' per capire meglio il coronavirus

Uno studio sui gatti di Vo' per capire meglio il coronavirus

Cosa fare di un gatto o un cane il cui proprietario a causa dell’infezione da coronavirus non è più in grado di accudire?
Chi può occuparsene correttamente in modo da garantire il benessere dell’animale?
Se il proprietario è positivo, che precauzioni deve prendere chi si occuperà dell’animale?
Come e dove assistere un animale di un proprietario affetto da COVID-19 quando necessita di cure veterinarie?
Per rispondere a queste domande l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, il Dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute e di Biomedicina Comparata ed Alimentazione dell’Università di Padova, i Servizi Veterinari Regionali e rappresentanti del mondo professionale regionale stanno formulando delle indicazioni pratiche per la gestione di possibili scenari che si potrebbero presentare nelle famiglie affette da COVID-19 con animali domestici.
Soprattutto, nell’ottica di valutare se e quanto gli animali domestici possano avere degli anticorpi verso il SARS-CoV-2, sarà a breve avviato uno studio innovativo sui gatti del comune di Vo’ , di cui si dispongono dati completi sul coinvolgimento della popolazione umana nella pandemia di COVID-19.

Animali che vivono con persone infette

Nel caso di segnalazione ai servizi veterinari di animali che vivono a contatto con pazienti infetti, se ritenuto necessario potrebbero esser effettuati dei tamponi di controllo.
“Non sarà fatta alcuna sperimentazione sugli animali – precisa il coordinatore del progetto Massimo Castagnaro,  professore di Patologia generale veterinaria dell’Università di Padova – Tutti i controlli veterinari saranno effettuati per il loro benessere e per la tutela della loro salute. Nello stesso tempo, queste attività non interferiranno nelle attività di controllo della malattia nell’uomo, né sottrarranno risorse per la diagnosi nell’uomo prevedendo di testare per il SARS-CoV-2 solo pochi casi selezionati o di effettuare indagini di approfondimento basate su test sierologici specifici per gli animali”.

Massimo Castagnaro

Tra gli animali domestici più vicini all’uomo, i gatti, come i cani, condividono i nostri spazi e le nostre giornate. Durante l’isolamento ancora di più. Al centro della pandemia resta il genere umano.
Se però “il cane, sembra essere molto poco sensibile all’infezione da SARS-CoV-2 – spiega Castagnaro – alcuni studi cinesi e alcuni casi segnalati in Belgio, Hong Kong e New York indicano che il gatto può in alcuni casi positivizzarsi verso il virus responsabile della COVID-19”.

Lo studio sui gatti di Vo’

Da qui l’idea dello studio a Vo’ Euganeo.
Oltre i due Dipartimenti di area veterinaria dell’ateneo patavino è stato chiesto di partecipare al progetto di ricerca anche ai ricercatori dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, ai servizi veterinari della Regione Veneto e ai liberi professionisti. Con questa task force sarà possibile studiare il sangue dei gatti del cluster di Vo’ Euganeo per individuare se ed in che misura abbiano sviluppato anticorpi contro il SARS-CoV-2 che sta circolando nell’uomo.
Uno dei motivi che hanno portato gli studiosi a proporre il progetto alla Regione Veneto sono i risultati di un’indagine sierologica effettuata sul sangue dei gatti di Wuhan, in Cina, da dove è partito il coronavirus responsabile della pandemia di COVID-19.
È risultato infatti che il 10-15% dei gatti di quella regione hanno sviluppato anticorpi. Si tratta però di quello che Castagnaro definisce un “dato grezzo”. Gli studiosi cinesi hanno prelevato il sangue da 150 gatti provenienti da ospedali veterinari e da gattili senza una specifica correlazione con pazienti umani infetti”.

Il modello Vo’

La possibilità di studiare i gatti domestici di una realtà come Vo’, ben conosciuta dal punto di vista dello sviluppo dell’infezione tra la popolazione residente, potrebbe dare risultati scientificamente rilevanti.
“Vo’ rappresenta una situazione veramente unica – rileva il professore –. Data la chiarezza del campione epidemiologico umano, se avremo a disposizione un campione sufficientemente ampio di gatti all’interno del quale rilevare quanti animali presentano anticorpi, potremo davvero capire se esiste un rapporto specifico con l’infezione umana. I dati ottenuti saranno fondamentali per le eventuali future gestioni”.

Uno studio su base volontaria

Le pianificazione del progetto è quasi conclusa. E si vorrebbe partire concretamente con gli esami dalle prossime settimane. “Già tantissime persone hanno dato la loro disponibilità per i propri animali”, sottolinea il professore. Il progetto, infatti, è assolutamente a base volontaria, su gatti di proprietà e non su randagi.
“I nostri studi sono pensati per rispondere a un problema di sanità pubblica. Vogliamo capire se e in che modo c’è questo rischio di trasmissione dall’uomo all’animale. I pochi studi attualmente a disposizione non chiariscono del tutto questa possibilità, i dati attuali non sono ancora significativi: vogliamo arrivare alla certezza scientifica per escluderlo. E ci piacerebbe, magari, ottenere indicazioni sullo sviluppo dell’immunità nei gatti che possano risultare utili anche per l’uomo. Anche in questo caso, non abbiamo elementi per poterlo dire. Ma nemmeno per escluderlo”.

Questi studi sugli animali si aggiungo ad altri già partiti in tutto il mondo. “Siamo già in contatto con colleghi olandesi e inglesi. E anche loro ci segnalano, per ora solo a livello aneddotico, che l’infezione da SARS-CoV-2, nei gatti, si manifesta in forma blanda. Penso quindi, anche se è presto per dirlo, che nei prossimi tempi saranno molti i lavori scientifici chiariranno questo aspetto”.

Non abbandonate i vostri animali

Un  appello è d’obbligo. “Quella del SARS-CoV-2 – ricorda Castagnaro, – è un’infezione sostenuta da un contagio che avviene all’interno delle comunità umane. In questa fase, il problema di una possibile paura nei confronti dei nostri gatti può nascere quindi solo dall’ignoranza. In questa fase, a un gatto eventualmente infetto, il virus non può che essere stato trasmesso da un essere umano. Quindi non bisogna aver paura del proprio gatto.  Anzi occorre proprio per questo proteggerlo da eventuali infezioni che gli potessero essere trasmesse dall’uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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