Gli italiani sempre più delusi delle proprie buste paga. A pesare sono la scarsa meritocrazia, la trasparenza limitata e le disparità di genere
Gli italiani bocciano gli stipendi del Paese, avvalorando quanto ha rilevato l’organizzazione mondiale del lavoro, ovvero che L’Italia è la nazione dove i salari sono cresciuti di meno rispetto all’inflazione.
E’ quanto emerge dal report Salary Satisfaction dell’Osservatorio JobnPricing in collaborazione con InfoJobs: pur se negli ultimi tempi è stato registrato un leggero recupero delle buste paga sul potere di acquisto, l’indice medio di soddisfazione retributiva si attesta infatti solo a 4,2 su 10.
Entro giugno 2026, in ogni caso, l’Italia dovrà attuare la direttiva Ue secondo la quale le aziende dovranno monitorare e ridurre entro certi limiti le differenze retributive di genere, essere più trasparenti nei confronti del mercato comunicando i livelli retributivi negli annunci di lavoro e introdurre sistemi retributivi basati sul concetto di “ruolo di pari valore”.
Più trasparenza ma poca meritocrazia
Dall’indagine realizzata intervistando 4.423 lavoratori è risultato che sono tendenzialmente insoddisfatti del loro pacchetto retributivo sia gli uomini, sia le donne, in particolare chi ha solo la retribuzione fissa.
Guardando agli indici, quelli peggiori nella valutazione delle buste paga fanno riferimento appunto alla fiducia nei sistemi di riconoscimento del merito con il punteggio più basso in assoluto 3, 4. Seguono fiducia e comprensione 3,6 e performance e retribuzione con 4. L’indice legato alla trasparenza è quello che ha registrato un incremento maggiore. Quasi la metà delle persone interpellate ritiene di conoscere criteri e procedure legati agli incrementi di merito, con l’eccezione di lavoratori e lavoratrici che percepiscono la sola retribuzione fissa che risultano non soddisfatti della trasparenza delle proprie aziende. In presenza di elementi variabili individuali, anche il livello di comprensione e fiducia aumenta significativamente. Sono le donne a risultare più insoddisfatte con voto generale di 3,6 rispetto a 4.5 degli uomini.
Non è solo questione di soldi
La retribuzione fissa, come negli anni precedenti, risulta un fattore decisivo per la scelta del posto di lavoro ma i cinque elementi successivi in classifica, nonostante abbiano anche risvolti economici, riguardano fattori di ricompensa non misurabili e percepibili a livello monetario o di servizi quali relazioni positive, possibilità di carriera, contenuto del lavoro e formazione.
Più dell’85% delle persone interpellate sarebbe disponibile a cambiare lavoro e più di una persona su tre cercherà attivamente nuove opportunità, in ogni caso quattro lavoratori su dieci pensano di poter negoziare condizioni migliori nella loro attuale azienda. Se da un lato la retribuzione fissa è il principale fattore che spinge al cambiamento, le persone che decidono di restare lo fanno per le relazioni instaurate con i colleghi, i collaboratori e i responsabili.