Una delle sue ultime fatiche è la realizzazione, con la tecnica dell’acquaforte punta secca bulino, di una speciale stampa dedicata all’Umana Reyer. Un “riconoscimento di venezianità” che calza alla perfezione con la figura di Stefan Popdimitrov. Perché se è nato in Bulgaria, a Plovdiv, in vent’anni dal suo arrivo in città Stefan è diventato molto più di un semplice “veneziano adottivo”. Artista a tutto tondo (scultore, pittore, incisore, scenografo) va oggi considerato come uno dei difensori e dei portabandiera di un’antica tradizione artigiana veneziana: quella dell’incisione.
LA STORIA ARTISTICA DI POPDIMITROV
52 anni, due lauree (all’Accademia di Sofia e a quella di Venezia, con il professor Paolo Tessari), Popdimitrov arriva in Italia dalla Bulgaria nel 1999, proprio come studente di Belle arti. Da quattro anni ha aperto il suo laboratorio in centro storico, nel sestiere di Castello, nella zona di salizada dei Greci e ponte de la Comenda. Nel frattempo, ha creato numerose opere d’arte. Con la sua versatilità, è in grado di svariare dai quadri a olio su tela all’incisione. Ma è conosciuto nel mondo soprattutto per le sue sculture monumentali in bronzo, dalle 13 tonnellate in su, realizzate in collaborazione con la fonderia artistica Fracaro Arte di Vicenza. Quella famosa, tra le altre opere, per le fusioni realizzate per Murer.
L’INCISIONE A VENEZIA
A Venezia, Stefan ha deciso di dedicarsi in particolare alle incisioni per la stampa. «Quello dell’incisore – racconta – è un mestiere antico come quello del vetraio. Ai tempi della Serenissima, Venezia era centro mondiale per la stampa. Qui, ad esempio, fu stampato il primo Corano». Oggi, però, di incisori, spiega Popdimitrov, in città ne sono rimasti pochissimi. «Possiamo contarci sulle dita di una mano. Un paio sono veneziani; uno è giapponese, opera a Cannaregio ed è il più attivo. Anche Castello, una volta zona doc per l’artigianato, ormai ha deciso di svoltare verso il settore dell’accoglienza turistica».
IL FUTURO DELL’INCISIONE
E i giovani? Studiano la materia, nei corsi di specializzazione all’Accademia, ma poi… «L’attrezzatura costa, il lavoro è molto particolare ed è difficile trovare qualcuno che abbia voglia di rischiare. Preferiscono buttarsi sul digitale, perché è molto più pulito e non richiede l’utilizzo di macchinari come i torchi».
Il risultato, però, non è lo stesso. «I programmi in 3D che utilizzano il digitale si basano sull’esperienza del mestiere, ma il prodotto che ne viene fuori è chiaramente diverso. Anche le produzioni tridimensionali su marmo, in ogni caso, richiedono alla fine un intervento manuale di lisciamento. E questo richiede una conoscenza più approfondita del mestiere».
E allora? «Allora – conclude Popdimitrov – il mio rimarrà un lavoro per pochi appassionati, perché l’evoluzione verso il digitale è ormai inarrestabile. Ma sono convinto che non sparirà: certi prodotti di qualità continueranno a essere richiesti».