Passo avanti della ricerca: intervenendo su Nod1 si potrebbero creare dallo stesso paziente cellule per la cura delle malattie del sangue
Usare il sangue per la cura delle malattie come leucemie, linfomi e anemia, evitando così la necessità di un trapianto di midollo osseo, con tutte le complicazioni a esso collegate.
È uno degli obiettivi a cui mira la ricerca medica. E adesso è più vicino, dopo l’importante scoperta di una fin qui sconosciuta funzione di un recettore espresso dalle cellule dell’immunità innata umana.
Si chiama “Nod1” e ne era noto il ruolo giocato per consentire alle cellule immunitarie di riconoscere la presenza di batteri.
In realtà, ancor prima, interverrebbe in maniera chiave anche nella formazione delle cellule staminali.
“Credo – spiega Raquel Espin Palazon, che ha coordinato la ricerca – che le nostre indagini apriranno la strada alla creazione di cellule staminali del sangue a uso terapeutico per curare i pazienti affetti da malattie del sangue”.
Il recettore Nod1 e la formazione delle staminali
I risultati dello studio portato avanti negli Stati Uniti dai ricercatori dell’Università dello Iowa, dal complesso titolo “L’attivazione di NF-kB dipendente da Nod1 avvia la specificazione delle cellule staminali ematopoietiche in risposta alle piccole Rho GTPasi”, è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Già precedenti studi dello stesso gruppo di lavoro avevano dimostrato la doppia valenza di alcuni segnali infiammatori che stimolano la risposta immunitaria nell’individuo adulto.
La loro funzione sarebbe infatti diversa nell’embrione umano, durante la fase di sviluppo del sangue e dell’intero sistema vascolare.
Nel caso specifico, l’attenzione è stata rivolta in particolare a Nod1, partendo dall’analisi di database relativi a embrioni umani e osservando poi gli effetti del recettore nel pesce zebra, che condivide il 70% del genoma umano. È così emerso che è proprio Nod1 a indurre le cellule della parete dei vasi sanguigni, durante lo sviluppo embrionale, a trasformarsi in staminali.
“I nostri modelli embrionali genetici e chimici – sottolinea l’abstract dello studio – mostrano che le cellule staminali e progenitrici emopoietiche Hspc (quelle che sono in grado di riprodursi a un ritmo estremamente intenso e a differenziarsi nelle varie linee cellulari, ndr) non riescono a specificarsi in assenza di Nod1”.
La cura direttamente dal sangue del paziente
La scoperta potrebbe avere degli importanti effetti sul piano pratico.
È stato infatti dimostrato che, inattivando Nod1 nelle cellule staminali pluripotenti indotte, ovvero quelle ottenute in laboratorio attraverso la riprogrammazione di cellule adulte, è possibile alterare la produzione di sangue, come avviene con le cellule staminali del pesce-zebra.
La manipolazione del percorso di specificazione delle staminali, spiega lo studio “potrebbe aiutare a ricavare una programmazione endoteliale emogenica competente in grado di specificare Hspc funzionali specifici del paziente e i loro derivati per il trattamento delle malattie del sangue”.
In altri termini, si punta ad arrivare alla produzione di staminali, da destinare a scopi terapeutici, direttamente dal sangue del singolo paziente.
“La scoperta dei meccanismi che regolano la specificazione emopoietica – fanno notare gli studiosi – consentirebbe di far avanzare le immunoterapie cellulari”.
Ma non solo. Questo, prosegue l’articolo scientifico, “permetterebbe di superare le attuali limitazioni legate al trapianto di Hspc”.
Perché, come specifica la genetista Palazon, “eliminerebbe il difficile compito di trovare donatori compatibili per il trapianto e le complicazioni che si verificano dopo averlo ricevuto, migliorando la vita di molti pazienti affetti da leucemia, linfoma e anemia”.
Alberto Minazzi