In origine si chiamava “progettone”.
Poi è diventato MOSE e bene o male tutti sanno di cosa si tratta. Per varie ragioni, non solo ingegneristiche e idrauliche, il sistema di difesa di Venezia dalle acque alte eccezionali è noto ed è diventato negli ultimi tempi anche protagonista nei social con post in cui, con ironia, si gioca sui motivi del suo ritardo e non uso: “Cosa manca al Mose per funzionare? L’accento!”, si legge spesso.
Quel che al MOSE, Modulo Sperimentale Elettromeccanico, manca, in realtà, è il 6% dei lavori da realizzare, circa 560 milioni di euro da trasformare per lo più in opere ambientali, di restauro e di impiantistica. L’altro 94% del progetto, le paratoie mobili, le opere complementari per la salvaguardia dell’ecosistema lagunare, il rinforzo dei litorali, le scogliere all’esterno delle bocche di porto e il rialzo delle rive è completato.
Neppure i soldi mancano. In cassa già ci sono oltre mille milioni di euro per portare a termine i lavori e per finanziare la manutenzione per l’intero primo anno di attività.
Studiato per far fronte agli uragani a Galveston così come per ridurre i danni degli tsunami a Tokyo, il Mose viene considerato un’opera di riferimento per “le minime interferenze ambientali e per la possibilità che, grazie alla conche di navigazione, offre a navi e imbarcazioni di navigare anche con le paratoie sollevate”.
Che manchi l’accento o meno, da quelle parti poco importa.
COS’E’ DAVVERO IL MOSE
PARATOIE E BARRIERE MOBILI
COME FUNZIONA IL MOSE
QUANTO COSTA IL MOSE
QUANDO FINIRA’ IL MOSE
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