Dopo i buoni risultati a Firenze e Bologna e l’estensione a Milano e Napoli, la direttiva per la sicurezza del Ministero dell’Interno è pronta a essere accolta in nuove città
Le “zone rosse” ovvero le aree urbane individuate dai prefetti da cui è possibile allontanare le persone che mettono a rischio la pubblica sicurezza, funzionano. Lo dicono i numeri relativi alle prime 4 città italiane che le hanno introdotte.
Risultati che hanno spinto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, a inviare lo scorso 17 dicembre alle Prefetture una direttiva in cui si invita a prendere in considerazione l’adozione della misura. Cosa che, dopo Firenze e Bologna, è già avvenuta a Milano e Napoli. Ma anche Roma e Venezia sono pronte a partire.
Il successo delle prime zone rosse italiane
Le cifre comunicate dal Viminale parlano complessivamente di 24.987 persone controllate e 228 provvedimenti di allontanamento emessi.
I numeri più alti (8.303 controlli e 106 allontanamenti) arrivano da Milano, che ha aderito all’invito del Ministero con l’introduzione di 5 zone rosse dal 30 dicembre al 31 marzo.
Al secondo posto per controlli (7.613, con 43 allontanamenti), c’è Bologna, che ha emesso l’ordinanza di istituzione di una zona rossa lo scorso novembre. Firenze, la prima a partire, fin da ottobre, è invece al secondo posto per allontanamenti (68 su 6.217 controlli).
A Napoli, partita con Milano, i controlli sono stati finora 2.854, che hanno portato 11 allontanamenti. Ma il prefetto del capoluogo campano ha già annunciato l’imminente istituzione di nuove zone rosse anche in alcuni comuni della provincia, come Castellammare di Stabia, Pompei, Pozzuoli e San Giorgio a Cremano.
L’approdo a Roma a Venezia
Secondo quanto riporta l’agenzia Adnkronos, sarebbe nel frattempo stata firmata anche dal prefetto di Roma l’ordinanza per l’istituzione di 3 zone rosse da parte del prefetto. Le aree interessate sarebbero il quartiere della stazione Termini, la zona dell’Esquilino e alcune vie della zona Tuscolano.
Per quanto riguarda Venezia, il prefetto ha sottolineato che già il regolamento di polizia urbana comunale prevede misure analoghe alle zone rosse, spiegando però che si sta lavorando per l’individuazione delle aree alle quali allargare i controlli, oltre che a ragionare su un modo per rendere più stringenti i divieti.
Nel capoluogo veneto c’è dunque l’intenzione di aderire alla direttiva ministeriale, potenziando i controlli. Non solo nelle zone delle stazioni e nelle aree centrali di San Marco e Riva degli Schiavoni, ma anche nelle località turistiche del litorale, come Jesolo e Bibione, dove è più delicato il tema della movida estiva.
L’evoluzione storica delle zone rosse
Il primo esempio di una sorta di zona rossa italiana risale al 2018 e si collega proprio all’attuale ministro, che, da prefetto di Bologna, introdusse un divieto di stazionamento nel parco della Montagnola. Con la nomina al Viminale nel 2022, Piantedosi diede poi vita al “forum delle aree metropolitane”.
Uno dei temi caldi su cui hanno puntato fin da subito i sindaci è stato quello del degrado delle stazioni ferroviarie. E una prima risposta delle istituzioni centrali è arrivata attraverso l’operazione “Strade sicure”, che ha rafforzato il dispositivo di sicurezza visibile impiegando a tal fine un contingente di militari.
Le zone rosse si inseriscono dunque nella più ampia strategia attraverso cui lo Stato intende garantire la tutela della sicurezza urbana e la piena fruibilità degli spazi pubblici per i cittadini, con particolare riguardo agli ambiti più a rischio, tra cui proprio le stazioni, ma anche le piazze dello spaccio e le zone della movida.
Come funzionano le zone rosse
L’individuazione delle aree in cui vietare la presenza di soggetti pericolosi, con la possibilità di procedere anche al loro allontanamento da quei luoghi, è affidata ai prefetti sulla base del potere di ordinanza contingibile e urgente a loro attribuito e dopo il confronto nei Comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica.
I possibili destinatari del cosiddetto “daspo urbano” sono invece le persone, individuate dalle forze dell’ordine, che siano già state segnalate all’autorità giudiziaria per reati contro la persona, furto e rapina o altre fattispecie legate agli stupefacenti e al porto d’armi.
Si procede quindi all’allontanamento se questi soggetti si rendono responsabili di attività illegali o assumono comportamenti aggressivi, minacciosi o molesti che, anche qualora non configurino una violazione di legge, ostacolano il godimento dell’area in quanto rappresentano un pericolo concreto per la sicurezza pubblica.
Alberto Minazzi