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Si può vivere fino a un quarto di secolo in più

Si può vivere fino a un quarto di secolo in più

Uno studio americano quantifica, con sorprendenti risultati, l’impatto di uno stile di vita sano sull’aspettativa di vita

Di per sé, la si potrebbe considerare una “non notizia”: adottare uno stile di vita sano aumenta l’aspettativa di vita. Quel che stupisce, anche gli stessi ricercatori che hanno effettuato lo studio, è l’entità di quanto l’adozione di 8 semplici buone abitudini può influire sulle prospettive di longevità.
Se infatti si adottano, a 40 anni di età, tutti questi piccoli accorgimenti, si può pensare di vivere mediamente 24 anni (per gli uomini) o 21 (per le donne) in più rispetto a quanto farà un nostro coetaneo che, al contrario, si concederà trasgressioni o comportamenti poco salutari.
“Siamo rimasti davvero sorpresi da quanto si potrebbe guadagnare con l’adozione di 1, 2, 3 o tutti e 8 i fattori legati allo stile di vita”, ammette Xuan-Mai T. Nguyen, specialista in Scienze della salute che ha presentato i risultati preliminari, valutati e selezionati da un comitato di esperti, dello studio all’ultimo incontro annuale di punta dell’American Society for Nutrition.

Le otto buone abitudini per la longevità

Gli stili di vita suggeriti per allungare l’aspettativa di vita comprendono 8 abitudini tradizionalmente ritenute comportamenti sani da assumere per salvaguardare la propria salute.
La prima è lo svolgere una regolare attività fisica, poi vanno evitati il fumo e la dipendenza da sostanze stupefacenti come gli oppioidi.

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Altre due indicazioni riguardano l’alimentazione: il seguire una dieta equilibrata e l’evitare l’abuso di alcolici. Vengono infine il mantenimento di relazioni sociali positive e due problematiche particolarmente sentite nella società moderna: la buona igiene del sonno e la capacità di gestire lo stress.

“Non è mai troppo tardi” per vivere bene

“I risultati della nostra ricerca -riprende Nguyen – suggeriscono che l’adozione di uno stile di vita sano è importante sia per la salute pubblica che per il benessere personale”. Quel che però colpisce di più in positivo è il fatto che dallo studio sia emerso come non è mai troppo tardi per rimettersi in linea.
“Prima è, meglio è – conferma lo studioso – ma anche se fai solo un piccolo cambiamento a 40, 50 o 60 anni, è comunque vantaggioso”. Il guadagno stimato nell’aspettativa di vita derivante dall’adozione degli 8 fattori di stile di vita sano è infatti diminuito leggermente con l’aumentare dell’età ma è rimasto comunque significativo.

L’impatto degli stili di vita sbagliati

Lo studio si è basato sui dati ricavati dalle cartelle cliniche e dai questionari raccolti tra il 2011 e il 2019 da 719.147 persone tra i 40 e i 99 anni iscritte al Veterans Affairs Million Veteran Program, un ampio studio rappresentativo a livello nazionale sui veterani statunitensi. Durante il follow-up, si sono verificati 33.375 decessi.
Va premesso che, trattandosi di uno studio osservazionale, non ne deriva la dimostrazione di una definitiva causalità tra stili di vita corretti e aumento della prospettiva di vita. I risultati sono però in linea con un crescente numero di ricerche secondo cui questi fattori giocano un ruolo nella prevenzione delle malattie croniche e nella promozione di un vivere sano.

Gli studiosi hanno così provato a quantificare l’impatto dei vari comportamenti sbagliati sul rischio di morte. Il più rilevante, pari a un incremento tra il 30% e il 45%, è quello legato a fumo, uso di oppioidi e scarsa attività fisica. Vengono quindi stress, abuso di alcool, cattiva alimentazione e scarsa igiene del sonno (+20%), mentre la mancanza di relazioni sociali positive è collegata a un rischio di morte superiore del +5%.

Inoltre, i ricercatori hanno evidenziato il ruolo degli stili di vita sbagliati anche nel contribuire allo sviluppo di malattie croniche come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiache, che portano a disabilità prematura e morte. “La medicina dello stile di vita – conclude Nguyen -mira a trattare le cause alla base delle malattie croniche piuttosto che i loro sintomi. Fornisce una potenziale strada per alterare il corso dei costi sanitari sempre crescenti derivanti dalla prescrizione di farmaci e dalle procedure chirurgiche”.

Alberto Minazzi

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