Crisi pandemica non vuol dire solo emergenza sanitaria.
La scuola, da sempre garante della formazione dei ragazzi, quest’anno vacilla.
Il Covid ha colpito più che mai il settore scolastico italiano, proponendo lezioni a distanza e soluzioni online. Lo schermo di un computer però, secondo molti, non è il giusto mezzo per comunicare l’empatia della lezione.
Il problema dell’abbandono scolastico: sempre più i neet
Un funzionamento ‘a singhiozzo’ che sembra non bastare. Soprattutto perché di recente sta emergendo la tendenza allo ‘studente fantasma’: la scuola viene abbandonata prima, gli studi non si terminano e sempre più studenti rientrano nella fascia dei NEET.
Sono i giovanissimi che non studiano, né lavorano, né sono inseriti in alcun percorso di formazione. Il dato è ancora più allarmante se distinto tra la percentuale di ragazzi e ragazze.
Il virus è un moltiplicatore delle diseguaglianze
Già prima del Covid, il numero di ragazze a rischio ‘esclusione’ era superiore a quello dei ragazzi.
Nel 2019, secondo i dati Istat, le giovani NEET erano il 24,3% (1 su 4) – i ragazzi il 20,2% (1 su 5).
Il divario di genere sta riprendendo potere contemporaneamente all’espansione del virus, moltiplicatore delle diseguaglianze.
‘È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, – spiega Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children Italia – prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacità delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati’.
La mappa dell’Atlante di Save the Children
Il problema si distribuisce in maniera disomogenea nel Paese, esistono zone ‘più rosse’ di altre.
‘Nelle zone più deprivate – avverte la sociologa Chiara Saraceno – c’è il rischio di una iper-femminilizzazione delle ragazze, con una riduzione delle loro aspirazioni e un anticipo di adultità’.
Il futuro di molte ragazze è messo a dura prova.
Non solo, anche la ‘segregazione formativa’, vale a dire quel percorso che vede le studentesse iscriversi in massa nelle facoltà umanistiche e solo in piccola parte in quelle scientifiche, è ormai un dato di fatto in Italia.
Ma c’è una controtendenza positiva.
Il Veneto e i neet
Le mappe statistiche riportate dall’Atlante di Save the Children, rivelano come la situazione sia molto differente a seconda dell’area: il Veneto è la regione con la percentuale più alta di diplomate negli istituti tecnici, il 29%.
Questo sistema garantisce alla regione il minor tasso d’incidenza di giovani NEET, dopo il Trentino Alto Adige.
Una barriera di cristallo tra due universi
L’ascensore sociale che per tante generazioni aveva consentito un miglioramento delle condizioni di partenza, non è dunque completamente bloccato. La barriera di cristallo tra universo femminile e maschile è ancora alta e spessa, ma non indistruttibile.
Le ragazze di oggi devono combattere le mistiche della donna-casalinga o dell’impiegata-sottopagata e per farlo hanno bisogno delle giuste risorse.
In Veneto l’entrata nel mondo del lavoro, che in altre regioni costituisce un freno per la parità di genere, le iniziative per far sì che non ci siano ostacoli all’occupazione femminile sono diverse.
Il Veneto delle donne
La Regione ha da poco presentato il progetto “Il Veneto delle donne”, pacchetto a favore dell’occupazione femminile ridisegnato in ottica anti-Covid.
‘L’emergenza sanitaria – afferma l’assessore regionale al lavoro con delega alle pari opportunità, Elena Donazzan– ha costretto il mercato del lavoro a una sperimentazione forzata del lavoro agile. E’ necessario passare da tale sperimentazione a modelli organizzativi consolidati, non più basati sul tempo ma sui risultati. Occorre pure un approccio integrato tra competenze scientifiche e competenze umanistiche, tra competenze tecnico-digitali e competenze umanistiche e creative, approccio fondamentale per favorire l’innovazione e il rilancio. E le donne possono dare un contributo fondamentale all’attuale esigenza di trasformazione e di sviluppo a tutti i livelli’.
Il progetto prevede un investimento di quasi a 9 milioni di euro, di cui 3,5 milioni destinati alla realizzazione di percorsi per donne disoccupate, con particolare riguardo per lo sviluppo delle competenze digitali e per la promozione delle competenze scientifiche e dei nuovi lavori nei confronti delle studentesse delle scuole superiori.