Il ritrovamento è avvenuto in provincia di Verona, a Vestenova
In località Bolca, nell’Alta Val D’Alpone, in provincia di Verona, circa cinquanta milioni di anni fa, c’era un mare caldo abitato da pesci, crostacei, alghe, organismi vertebrati e invertebrati che gli strati del sottosuolo hanno conservato. E che il tempo restituisce. Non a caso, infatti, quest’area è considerata uno dei depositi fossiliferi del nostro Paese.
L’ultima eccezionale scoperta riguarda un raro fossile di pesce luna risalente a 48 milioni di anni fa.
Un pesce luna perfettamente conservato dove un tempo c’era l’oceano
L’area ha permesso agli esperti di ritrovare uno dei reperti meglio conservati mai rinvenuti di pesce luna, molto simile all’attuale Mene maculata.
Il fossile ha permesso di approfondire la dieta e l’habitat dell’animale in un’area che oggi è montuosa ma che milioni di anni fa era il fondale di un oceano.
Lo studio è stato realizzato da un team di ricercatori italo irlandesi, guidato dalla ricercatrice Valentina Rossi della University College Cork e da Giorgio Carnevale del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino e pubblicato sulla rivista scientifica “Paleontology”.
I fossili portati alla luce, tra i quali quello del pesce luna, sono definiti eccezionali perché presentano, oltre ai resti scheletrici, anche le tracce di tessuti non mineralizzati come la pelle, gli occhi, i muscoli e gli organi interni.
La svolta per lo studio dei fossili: il Mene rhombea che si cibava di pesci
L’esemplare ritrovato appartiene alla famiglia dei menidi, ovvero pesci luna, caratterizzati da un corpo fortemente appiattito, oggi presente nella sola Mene maculata, un pesce che vive in acque poco profonde nell’Oceano Indo Pacifico. Già a occhio nudo, tre prominenti strie longitudinali hanno permesso di identificare la specie. Grazie all’uso di un microscopio, gli studiosi hanno scoperto anche le tracce dell’ultimo pasto e altro materiale organico.
In seguito a ricerche morfologiche e chimiche è stato anche possibile confermare la presenza di melanosomi (dei granuli contenuti all’interno del citoplasma delle cellule dei malanociti che presentano un pigmento comunemente denominato come melanina, ndr) nelle strie scure della pelle, nell’occhio e in alcune zone dell’addome. Questo ha consentito di ricostruire le caratteristiche della pelle dell’antico animale. Poiché da una scrupolosa indagine nello stomaco sono state trovate tracce di piccole ossa simili a una sardina, gli studiosi hanno dedotto che questi pesci avevano una dieta piscivora a differenza della specie moderna, che al contrario si nutre di piccoli invertebrati e plancton.
Le informazioni dalla pelle del pesce luna antenato e quello moderno
La comparazione della pelle tra il pesce luna di oggi e il fossile ha portato a comprendere – secondo gli studiosi – che gli antichi pesci luna vivevano in branchi come gli attuali ma preferivano nuotare in mare aperto, avvicinandosi alla costa solo per predare i piccoli pesci presenti per nutrirsi.
Le livree presentano caratteristiche diverse che hanno portato a questa conclusione: nel primo infatti è maculata, mentre nel secondo sono presenti strie longitudinali.
«La scoperta di questo fossile – spiega la ricercatrice Valentina Rossi – è eccezionale perché il perfetto stato di conservazione ha offerto la possibilità di nuovi spunti per la ricerca permettendo di investigare per la prima volta sul colore della pelle e l’anatomia interna del pesce. Questo ha fatto sì che potessimo arrivare a diverse conclusioni. I fossili di Bolca, grazie a tecnologie di ricerca di ultima generazione, sono un’inesauribile fonte di informazioni. Esemplari di Mene rhombea ne sono stati trovati molti altri ma questo, per le sue caratteristiche uniche, ha rappresentato una vera e propria svolta per lo studio dei fossili rinvenuti in quell’area».
Silvia Bolognini