Quante cose si possono fare con le scorze degli agrumi? Davvero tante.
Le si possono trasformare in canditi, usarle in pasticceria per torte e bigné, in cucina per marinare per esempio il pollo, per farci delle tisane oppure anche delle profumate candele.
In realtà, dal riciclo delle scorze degli agrumi, si può ricavare anche qualcosa in più: degli abiti di alta moda.
A produrre tessuti dagli scarti degli agrumi sono le donne di una start up tutta al femminile e con sede a Catania.
Sono in grado di dar vita a una fibra simile al cotone e di trasformare quindi un rifiuto in una vera e propria risorsa.
L’idea di valorizzare un prodotto della loro terra è di due giovani donne siciliane conosciutesi all’università di Milano: Adriana Santanocito ed Erica Arena.
Le comuni passioni per la moda e per l’ambiente sono così confluite in un recupero innovativo delle bucce di arance e nel loro riutilizzo in uno speciale filato.
L’attenzione delle grandi firme
Quello che comunemente viene chiamato “pastazzo” e che solitamente si usa come concime organico o per l’alimentazione del bestiame, viene così lavorato, ricavandovi una cellulosa che può essere filata.
Da qui, creazioni molto leggere ma di altissima qualità, tanto che uno dei marchi icona della moda italiana nel mondo, Salvatore Ferragamo ha sviluppato una collaborazione con la start up: la Ferragamo Orange Fiber Collection.
Il motto dell’azienda è Responsible Passion, e proprio in quest’ottica va la collaborazione che ha portato a una capsule collection della maison, in omaggio alla creatività mediterranea con il filo conduttore che la sostenibilità e l’innovazione sono Made in Italy e contraddistinguono i prodotti .
Oltre alla collaborazione con Ferragamo, la start up è balzata agli occhi di un colosso mondiale come H&M, che nel 2019, per la sua linea Conscious, ha presentato una collezione eco- friendly proprio utilizzando i tessuti di Orange Fiber.
Sempre più il mondo dello show business è attento al pianeta e partnership come questa rendono le aziende della moda un punto di riferimento per quanti si preoccupano sia della tutela dell’ambiente che dell’esclusività del prodotto.
Da ultimo, la collaborazione con la casa produttrice di cravatte più famosa al mondo, l’iconica Marinella, con cui la start up ha collaborato facendo il suo ingresso a Pitti Immagine Uomo nel 2019 con la presentazione di CENTOCINQUE, la collezione in edizione limitata di cravatte sostenibili realizzate dallo storico brand di sartoria napoletana e realizzate con il tessuto proveniente dalle arance.
Non solo agrumi
Gli agrumi non sono l’unico esempio di sostenibilità nel mondo del fashion. Dal mondo vegetale, arriva la Soybean Protein Fiber, una fibra tessile che deriva dalla soia post-oliatura.
Un progetto americano che parte dalla soia distillata e raffinata, dalla quale si estrae una proteina liquida. Questo liquido viene polimerizzato e in seguito cotto per produrre filato. Il materiale ottenuto dalla cottura viene tagliato e termoformato dando vita ad un tessuto morbido e permeabile all’aria e all’umidità.
Oltre alla soia un altro cereale è utilizzato per produrre filati: il mais. Dal suo zucchero si produce la Corn Fiber, materiale ecologico ottenuto grazie ad alcune lavorazioni che uniscono lo zucchero di mais, gli amidi ei legumi dai quali si ottiene un acido che produce tessuti resistenti all’umidità, al calore ed è traspirante.
Unica pecca: il tessuto risulta delicato e un po’ rigido, ma proprio per questa caratteristica e per la capacità di isolare è indicato anche per l’utilizzo anche in campo edile.
Valentina Rossi